martedì 13 luglio 2010

Conservare il latte materno

Esistono alcune situazioni in cui conservare il latte materno può essere davvero utile se non indispensabile.

Infatti, le condizioni più frequenti possono essere:
- assenza della mamma imprevista o programmata (ad esempio il rientro al lavoro)
- motivazioni mediche che separano il neonato dalla mamma
- difficoltà di attacco al seno, di solito legate alla prematurità
- necessità di drenare il seno con il tiralatte in caso di difficoltà di eiezione del latte

Conservare il latte materno è davvero importante considerando gli incomparabili benefici che dona al bambino in confronto a quello artificiale: questo perché si tratta di un vero e proprio "latte su misura" per il piccolo che contiene quei nutrienti specifici di cui necessita, una sorta di "riconoscimento" innato tra il corpo della madre e quello del figlio.


Quali contenitori utilizzare


Il latte, che può essere ottenuto manualmente spremendo il seno o tramite un tiralatte manuale o elettrico, può essere conservato rispettando alcune semplici regole.
Dopo avere messo il latte in un biberon o in un apposito contenitore accuratamente sterilizzato, si chiude e si lascia a temperatura ambiente per circa 30 minuti prima di metterlo nel frigorifero o nel congelatore.
E’ fondamentale apporre un’etichetta sul contenitore in cui segnare la data dell’aspirazione in quanto, a seconda del sistema di conservazione, il latte materno può essere mantenuto integro solo per poche ore oppure per molti mesi.

Vediamo quali sono i contenitori più adatti per conservarlo.
Se il latte viene consumato entro le 24 ore, si può ricorrere ad un normale biberon precedentemente sterilizzato.

Se invece viene congelato, si possono utilizzare:
- contenitori di vetro o plastica rigida; è bene ricordarsi di non riempire il contenitore fino all’orlo, poiché l’aumento di volume del liquido durante la congelazione potrebbe romperlo
- sacchetti sterili acquistabili in farmacia (no sacchetti da freezer per la conservazione degli alimenti!)
- contenitori monouso sterili in plastica rigida; in questo caso è bene scongelare solo il latte necessario per la poppata, per evitare sprechi

Frigorifero o congelatore?

I luoghi dove conservare il latte, prettamente per un uso domestico e per bambini sani, possono essere diversi e in base al luogo cambia anche il periodo massimo di conservazione.

- Temperatura ambiente: in casa il latte può conservarsi fino a 8 ore circa, ad una temperatura massima di 25°C.

- Frigorifero: ad una temperatura massima di 4°C, può durare fino a 96 ore, l’unico inconveniente è che non si ha sempre una temperatura costante a causa delle continue aperture e chiusure dello sportello. Per questa ragione è buona norma mettere il contenitore lontano dalla porta del frigo e nel punto più in basso, ovvero dove la temperatura subisce minori sbalzi.

- Congelatore: qui il latte dura ancora di più anche se dipende dal tipo di congelatore che si ha. Infatti, nella celletta del congelatore interna al frigorifero, il latte si conserva per due settimane; in uno separato in grado di raggiungere la temperatura di -15°C, arriva a conservarsi fino a 3 mesi; infine, in uno ancora più potente (-19°C), il latte si conserva per 6 mesi.

Per sapere a che temperatura arriva il congelatore, oltre che consultando la scheda tecnica o il libretto di istruzioni, si può acquistare un termometro da frigorifero che permette di essere certi della sua capacità di raffreddamento.


Mamme, avete mai conservato il vostro latte? Come vi siete organizzate? Raccontatecelo!

martedì 6 luglio 2010

Smagliature in gravidanza

L’unico modo affinché il parto non lasci segni antiestetici sul corpo della neomamma è senza dubbio la prevenzione.
Le smagliature, ad esempio, sono un inestetismo permanente causato da un’eccessiva tensione dell’epidermide i cui tessuti tendono a sfaldarsi gradualmente dando origine a delle strie di colore rossastro che con il tempo si cicatrizzano diventando biancastre e quindi definitive.

Per conformazione genetica, le donne sono normalmente più soggette alla comparsa delle smagliature soprattutto fra i 15 e i 40 anni, in particolar modo quando subiscono delle repentine variazioni di peso; di conseguenza la gravidanza rappresenta indubbiamente un momento molto delicato soprattutto per quanto riguarda l’addome e il seno.

Durante la gravidanza le smagliature possono iniziare a comparire già dal 5° mese, ma il periodo più critico è tra il 7° ed il 9° mese, ovvero quando la tensione addominale è massima.

Come prevenirle

Fino a pochi decenni fa, le donne avevano davvero pochi rimedi per evitare la comparsa delle smagliature, infatti potevano difendersi da loro solamente con alcune semplici regole:

- seguendo un’alimentazione variata, equilibrata, ricca di vitamine e sali minerali per mantenere la pelle idratata ed elastica
- facendo un po’ di attività fisica dolce
- utilizzando un guanto di crine per massaggiare le parti del corpo per aumentare la circolazione
- bevendo molta acqua per idratarsi costantemente

Queste soluzioni, ancora oggi, sono molto utili soprattutto per evitare la comparsa delle smagliature su fianchi e cosce, zone che in molti casi non subiscono un aumento considerevole durante la gravidanza, ma sono un po’ meno efficaci per evitare la loro comparsa nelle zone più delicate e più coinvolte dal parto come pancia e seno.

Fortunatamente oggi il mercato offre una grandissima varietà di prodotti cosmetici, come creme specifiche ed oli, estremamente efficaci!
Questi articoli sono principalmente a base di collagene ed altri elementi naturali e vanno applicati almeno due volte al giorno: la cosa migliore sarebbe alternare l’utilizzo di una crema specifica contro le smagliature ad un prodotto molto idratante, come ad esempio un olio alle mandorle.

Un'altra utile precauzione è quella di cercare di non sottoporre la pelle a sforzi eccessivi, per questo è molto importante sorreggere il petto con un reggiseno ben strutturato e, se necessario, applicare anche una panciera sull’addome.

Combinando alimentazione, attività fisica e trattamenti estetici, si hanno buone probabilità di riuscire ad evitare la comparsa delle smagliature durante la gravidanza, anche se è fondamentale continuare questo mix di accorgimenti anche nella fase post-parto fino al raggiungimento del proprio peso forma, facendo attenzione a non applicare le creme troppo vicine al capezzolo durante l’allattamento.

E se sono già comparse?

Se nonostante queste precauzioni dovessero comunque formarsi delle smagliature, dopo qualche tempo dal parto è possibile ricorre alla chirurgia estetica: scopriamo insieme quali sono i trattamenti più efficaci.

- la luce pulsata ad alta intensità, o IPL (Intense Pulsed Light): agisce grazie all’emissione di energia luminosa sulla zona interessata
- il cromopeel, da svolgere in ambulatorio: è una preparazione galenica che, passata più volte sulla smagliatura, ha la duplice funzione di esfoliare dolcemente la pelle ottenendo un effetto levigante
- la micro dermoabrasione, una delle tecniche più efficaci: viene eseguita con apparecchiature aspiranti a base di cristalli di corindone; la macchina risolleva il derma e, attraverso una sabbiolina, provoca un’abrasione superficiale della pelle migliorando la microcircolazione della zona
- le terapie microiniettive di biorivitalizzazione del tessuto attraverso l’iniezione di acido ialuronico: questo trattamento stimola la produzione di collagene che favorisce il distacco delle cellule morte e richiama acqua negli strati superficiali della pelle, migliorandone idratazione ed elasticità


Carissime amiche, quali tecniche avete utilizzato per prevenire e combattere le smagliature? Condividete con noi le vostre esperienze!

martedì 15 giugno 2010

Giocare con mamma e papà prima di andare a dormire

Ogni genitore ha le proprie abitudini per accompagnare il bimbo nel momento della nanna e sicuramente sono tutte più che valide ed efficaci.
L’importante è evitare tutte quelle attività e quei giochi che rischiano di eccitare il piccolo impedendogli così di rilassarsi, come ad esempio correre o saltare.

Scopriamo insieme qualche rimedio ideale per conciliare il sonno del bambino.


I primi mesi


Nonostante vi siano pareri discordanti, si ritiene che il bagnetto aiuti il piccolo a rilassarsi. Solitamente questo piacevolissimo rito è molto gradito dal bambino in quanto, immerso nell’acqua, rievoca in lui il periodo nel quale si sentiva protetto e al sicuro nella pancia della sua mamma. L’unico compito dei genitori è quello di creare un ambiente rilassante, ad esempio parlando a bassa voce o utilizzando oli profumati.

Un’altra tecnica molto utilizzata può essere quella del massaggio che porta il piccolo a calmarsi: è importante accarezzarlo con movimenti delicati e rotatori dall’esterno verso l’interno del corpo, come se si disegnassero dei piccoli cerchi.

Durante il primo e secondo anno

In questo periodo è importante svolgere delle attività che non implichino un impegno motorio, in quanto si vi è il rischio di rimettere in circolo l’adrenalina del bambino, ritardando in questo modo il momento della nanna.
Una soluzione può essere sedersi sul letto o sul divano insieme a lui e fargli compagnia giocando, ad esempio, con delle costruzioni: all’inizio il piccolo tenderà semplicemente a tenere in mano le formine o ad avvicinarle alla bocca in modo tale da prendervi confidenza, mentre più avanti crescerà in lui la curiosità e proverà ad incastrarle.

Un’altra bellissima abitudine da intraprendere è senza dubbio quella di leggere insieme dei libri per bambini, solitamente favole e racconti dedicati al mondo dei più piccoli. Prendere familiarità fin da subito con questa consuetudine è davvero importante e può diventare un piacevolissimo momento da trascorrere insieme ogni sera. A questa età, infatti, il bimbo ha la pazienza e la voglia di concentrarsi su un racconto anche un po’ più lungo del solito.
Anche in questo caso è opportuno scegliere racconti con storie tranquille, in modo tale da non impaurire o agitare il bambino.

Dai tre anni in poi

A questa età i bambini iniziano ad essere più indipendenti, sia a livello linguistico che motorio; per questo motivo può essere molto carino raccontarsi ciò che si è fatto durante la giornata e i programmi per l’indomani.
Chiacchierare, ascoltare e progettare, sono attività molto importanti da svolgere con il proprio bambino, in quanto sono gesti molto semplici ma allo stesso tempo costruttivi.

Anche il gioco delle ombre è ancora oggi un evergreen che affascina i piccoli e che può essere utilizzato come piacevole passatempo prima di andare a nanna. Infatti le immagini proiettate dalle nostre mani possono essere accompagnate da una breve storia che catturi l’attenzione del bambino.


E voi mamme, con quali attività intrattenete il vostro bambino prima di farlo addormentare? Svelateci i vostri segreti!

martedì 8 giugno 2010

Proteggere i bambini al mare

Quando si avvicina la bella stagione e si è mamme di un bimbo, è normalissimo chiedersi se il mare sia adatto a lui oppure possa creargli dei disturbi.
Infatti, se da una parte viene spontaneo credere che l’aria di mare sia benefica e salutare, dall’altra possono sorgere dubbi ed ansie.
Cerchiamo di far luce sulla questione.
Innanzitutto è stato dimostrato che i raggi solari fanno bene ai bambini, in quanto aumentano la produzione di vitamina D fondamentale per lo sviluppo del sistema scheletrico, stimolano il metabolismo accelerando l'attività cellulare (di conseguenza durante l’estate dimagriscono più facilmente), migliorano l'umore e, per finire, rafforzano il sistema immunitario.
Inoltre, l'esposizione al sole costante e per tempi prolungati, migliora la resistenza dei bambini alle malattie infettive tipiche delle comunità scolastiche.

Insomma, la risposta alla domanda “Potrà andare in spiaggia?” è senza dubbio “Si”, ovviamente con le giuste precauzioni.


Consigli utili


Vediamo insieme alcuni consigli utili e sempre validi:

- acqua a volontà: avere sempre con sé una scorta d’acqua (né gelata né gasata) da far bere al piccolo e per rinfrescargli viso e capelli, oppure per rimuovere sabbia e sale
- cappellino: per le femminucce è opportuno far indossare sempre un cappellino di paglia, mentre per i maschietti un cloche di cotone, indispensabili fino a 7-8 anni circa ma anche per i più grandicelli nei primi giorni di sole
- integratori alimentari: sono davvero utili ed è consigliabile somministrarli al bambino da due mesi prima delle vacanze, ovviamente sempre con il benestare del proprio pediatra; le vitamine e gli integratori per bambini più adatti sono carotene,vitamina E, potassio e zinco
- maglietta bianca: per proteggere il piccolo (se necessario anche in acqua durante i primi giorni) l’ideale è una maglietta in cotone, meglio se bianca o comunque di colore chiaro
- giochi: muoversi e giocare consente al bambino di autoregolarsi, riparandosi all’ombra o chiedendo di rientrare quando inizia a sentire molto caldo

Da evitare

Oltre ai consigli sempre validi appena citati, troviamo anche dei fattori ai quali far attenzione o da evitare; scopriamoli:

- acqua inquinata: i bambini sono decisamente più sensibili degli adulti ai fattori inquinanti, di conseguenza, prima di bagnarli, è opportuno accertarsi che non vi siano divieti o avvisi
- allergie: se il piccolo soffre di forme allergiche, prurito o eczemi che riguardano la pelle, è fondamentale consultare il pediatra prima di partire per farsi consigliare i giusti prodotti
- rischio neonati: è possibile portarli in spiaggia solamente al mattino presto o al tramonto, in quanto corrono il rischio di disidratarsi e di scottarsi più facilmente a causa della loro pelle altamente delicata
- costume bagnato: non bisogna mai lasciare il costume bagnato o sporco di sabbia addosso ai bambini, per questo è bene avere a portata di mano sempre un paio di ricambi: allo stesso modo, per i bambini più piccoli, bisogna avere nella borsa più pannolini per il cambio
- errata alimentazione: non cedere tutti i giorni alle richieste dei propri figli di pizza, ciambelle, patatine e tutti i cibi grassi in generali, in quanto sono i meno indicati da mangiare durante l’estate


Care mamme, come vi comportate con i vostri bambini durante le vacanze al mare? Seguite altri piccoli accorgimenti? Condivideteli con noi!

martedì 1 giugno 2010

L’importanza del latte nell’alimentazione del bambino

Grazie alle sue proprietà, il latte è un alimento importantissimo nell’alimentazione di grandi e piccini. Inoltre, lo si può considerare come l’unico alimento esistente in natura in quanto la sua unica funzione è quella di nutrimento per i neonati dei mammiferi; animali o piante, nonostante rappresentino due categorie di sostentamento, sono presenti in natura con finalità differenti.

Recenti studi, dimostrano come il latte sia un alimento molto ricco dal punto di vista nutrizionale e come la sua equilibrata composizione lo renda un elemento importante all’interno della dieta di tutti.
Il latte, infatti, è la principale fonte di calcio ed il suo consumo quotidiano è fondamentale per soddisfare il fabbisogno giornaliero di questo minerale, necessario per numerosi processi fisiologici e per le ossa.

Latte e bambini

Se si vuole assicurare un’ottima crescita al proprio bimbo, il latte è indubbiamente la bevanda ideale, in grado di fornirgli evidenti benefici in qualsiasi fase dello sviluppo.

- dalla nascita fino a 1 anno: è consigliabile l’allattamento al seno almeno fino al 6° mese circa di vita del bambino, mentre eventuali supplementi di latte artificiale devono essere dati solo su indicazione del pediatra; dopo quest’età si può introdurre il latte di mucca parzialmente scremato
- da 1 a 3 anni: il latte intero diviene un elemento centrale nella dieta dei bambini molto piccoli, in quanto il suo alto contenuto di calcio favorisce un buono sviluppo di denti e ossa
- bambini e adolescenti: quando il bambino inizia ad essere grandicello è il momento di cominciare a tener conto del suo stile di vita (sedentario o iperattivo); una tazza di latte intero (circa 180 g) al giorno è comunque la razione minima quotidiana consigliata dai nutrizionisti.

Grazie ad attente ricerche relative alla relazione tra consumo di latte e peso corporeo, è stato dimostrato che i bambini che lo consumano frequentemente, raramente sono in sovrappeso ed in media sono più snelli rispetto a coloro che non ne consumano.

In alternativa al latte, si può ricorrere allo yogurt, in grado di fornire un buon apporto di calcio sia nella variante intera che in quella scremata.
Nello yogurt il lattosio viene fermentato dai batteri “buoni” presenti al suo interno che lo rendono più digeribile in caso di intolleranza al latte.

Latte e yogurt possono inoltre aiutare a ridurre l’uso di bevande zuccherate (come ad esempio i succhi di frutta) il cui consumo eccessivo comporta un aumento inappropriato dell’apporto energetico.
La soluzione migliore, quindi, è abituare il bambino a consumarli sempre a colazione insieme a cereali o frutta.

Alternative a latte e yogurt

Può però capitare che i bambini non amino ne il latte ne lo yogurt e di conseguenza fornire loro un adeguato apporto di calcio diviene un po’ più difficile.

Quali possono essere le alternative?
Indubbiamente i formaggi sono una buona fonte di calcio ma non è possibile abusarne in quanto contengono anche grassi e sale; o ancora, le merendine arricchite con latte ma anche in questo caso è opportuno leggere attentamente l’etichetta ricordando sempre che sono alimenti ad elevata intensità energetica (quindi ricchi ci calorie) e che non possono rappresentare un valido sostituto.


I vostri bimbi consumano giornalmente una quantità appropriata di latte? Quali varianti utilizzate? Condividete le vostre esperienze con noi!

martedì 25 maggio 2010

Il parto in casa

Partorire in casa è indubbiamente un evento davvero emozionante per una famiglia, reso ancora più bello da quell’intimità creata dalle mura domestiche che sfortunatamente è assente nelle strutture ospedaliere dove, al contrario, vi è un andirivieni continuo di persone sconosciute ed un ambiente freddo ed asettico.
La casa, infatti, ha l’enorme vantaggio di rilassare la futura mamma, in quanto si sentirà altamente protetta dai suoi familiari e potrà sentirsi libera di assumere le posizioni che vuole, mangiare e bere ciò che desidera, ascoltare la sua musica preferita e urlare senza crearsi nessun problema.
Inoltre, in questo modo, la mamma regalerà al proprio bambino una calda accoglienza in quella che diventerà la sua dimora e il suo nido.

Scegliere di partorire in casa è una decisione tanto approvata quanto criticata, poiché implica un grande coraggio ed un attento percorso di preparazione psicologico e tecnico.


Benefici


I vantaggi del parto in casa sono riscontrabili soprattutto a livello psicologico; infatti, per la mamma, la possibilità di poter scegliere un ambiente "amico" per l’evento più bello della sua vita, le trasmetterà forza ed entusiasmo.

Inoltre, come già accennato, la donna potrà decidere quale posizione assumere durante il travaglio senza che falsi pudori o le rimostranze delle ostetriche possano in qualche modo condizionare la sua scelta.
Sussistono, poi, tutta una serie di vantaggi legati al fatto di poter assecondare completamente e totalmente le sue esigenze, le quali, spesso, non possono essere soddisfatte dall’ospedale a causa dei suoi regolamenti. La gestante, per esempio, potrà dare alla luce il piccolo decidendo di farsi assistere non solo dal compagno o dal marito, ma anche dai familiari più stretti o da un’amica cara.

Infine, il rapporto che verrà a crearsi tra la neomamma e il neonato, sarà decisamente più forte dal momento che si troveranno a vivere sin da subito a stretto contatto senza dover subire il passaggio attraverso innumerevoli e sconosciute mani di pediatri, infermiere o ginecologi.

Quando è sconsigliato

Affinché il parto in casa possa essere affrontato senza alcun pericolo per la mamma e per il neonato, è indispensabile l’esistenza di determinate condizioni, tali da poter affermare che il parto non sarà a rischio.

Scopriamo insieme quando è fortemente sconsigliato partorire in casa:
- possibilità di parto prematuro o quando la gestazione ha già superato la 42° settimana; in entrambi i casi il piccolo potrebbe aver bisogno di cure e assistenza medica immediate
- gestante con un’età superiore ai 35 anni o soggetta a particolari malattie croniche (problemi cardiaci, diabete, insufficienza renale, ecc)
- neonato con problemi agli organi vitali o anomalie congenite riscontrate durante le ecografie
- neonato con pressione sanguigna alterata o con anemia
- parto gemellare
- assenza di un ospedale nelle vicinanze per qualsiasi evenienza

L’ostetrica

L’ostetrica è una figura fondamentale se si decide di partorire in casa, in quanto assisterà la donna durante il travaglio e la guiderà nelle fasi più delicate del parto.
Per questo motivo è importante instaurare con lei sin da subito un ottimo rapporto basato sulla fiducia e sul reciproco rispetto.

Quando l’ostetrica avrà accertato che sussistono le condizioni necessarie per poter affrontare un parto in casa, sarà suo compito, durante la gravidanza della futura mamma, "istruirla" su come avverrà la nascita del piccolo, fornendole tutte le indicazioni necessarie affinché questo possa svolgersi senza problemi.
Infine va sottolineato che l’ostetrica continuerà ad assistere bimbo e mamma anche nei giorni successivi al lieto evento, dando a quest’ultima la certezza di poter contare in ogni momento su un aiuto esperto e preparato su temi delicati come l’allattamento o l’igiene del piccolo.


Qualcuna di voi care mamme ha provato questa fantastica esperienza del parto in caso? Raccontatecelo!

martedì 18 maggio 2010

Quando il bambino non dorme

Trascorrere un periodo nel quale il proprio bimbo non riesce a prendere sonno è un problema davvero comune che, però, non si risolve con un unico rimedio.
Per ogni bambino, infatti, occorre una soluzione diversa, quasi personalizzata, in quanto ognuno è diverso dagli altri e di conseguenza il compito dei genitori è proprio quello di capire come fare per rassicurarlo e renderlo sereno ed autonomo.

Al giorno d’oggi un bimbo che si addormenta con difficoltà, si trasforma per i genitori in un vero e proprio tormento.
Inoltre, capita spesso che alcuni bambini per riuscire ad addormentarsi abbiano bisogno di un “aiutino”, come ad esempio il ciuccio, il biberon, l’orsacchiotto, una poppata extra durante la notte o il lettone dei genitori.

Come possono i genitori aiutare il piccolo a prendere sonno e contemporaneamente salvare loro stessi da probabili nottate in bianco? Ecco qui qualche consiglio!

Cosa fare

- Se il bimbo ha pochi mesi, l’ideale è un massaggio rilassante.
Si prende il piccolo in braccio e ci si mette seduti; successivamente si appoggia una mano sotto il sederino con le dita rivolte verso la testa del bimbo mentre l’altra sorregge il capo con le dita orientate verso i piedi. Da qui si avvicinano le mani e poi si allontanano a ritmo lento e si massaggia la testa del piccolo molto dolcemente e con movimenti circolari.

- Utilizzare una musica di sottofondo o lasciare una piccola luce accesa.
La musica rilassante o il suono di un carillon favorisce il relax, così come la riproduzione di suoni naturali (come ad esempio il rumore del vento o delle onde). Oppure, se il bimbo è più grandicello, si può mettere nella sua stanza una luce soft per non farlo sentire troppo solo.

- E’ importantissimo stabilire un orario nel quale si mette a dormire il piccolo ed ovviamente cercare di mantenerlo.
Dopo averlo accompagnato a letto si può rimanere accanto a lui per un po’, magari dandogli la mano o accarezzandolo in modo tale che stia tranquillo, senza però cedere se inizia a piangere e farlo così addormentare in braccio.

- Mostrarsi determinati ed avere tanta pazienza.
Quando si decide che il bambino non può più dormire nel lettone, è fondamentale non cambiare mai idea e non farsi vedere indecisi. Infatti, se il piccolo avverte la fermezza dei suoi genitori e capisce che non cederanno, dopo qualche notte si convincerà. Nei primi tempi, però, sarà molto facile trascorrere delle notti in bianco, di conseguenza è necessario armarsi di tantissima pazienza!

Ciuccio e pollice

Il ciuccio, indubbiamente, ha i suoi vantaggi, in quanto i genitori possono utilizzarlo con il loro bimbo in alcuni momenti strategici come prima di andare a letto o quando piange. Il pollice, invece, è per lui sempre a portata di mano e di conseguenza è più difficile disabituarlo (con conseguenti danni al palato e ai denti).

La dipendenza sia dal ciuccio che dal pollice, però, è più o meno la stessa, in quanto è assicurato che si farà la stessa fatica per cercare di distogliere l’attenzione del piccolo verso entrambi. E’ importante capire che fino ai tre anni, comunque, non vi è dipendenza psicologica ma solo fisiologica, poiché per loro è un istinto naturale.


Care mamme, il vostro piccolo dorme serenamente o vi costringe ad escogitare qualche trucco? Condividete con noi le vostre esperienze!

martedì 11 maggio 2010

Volare in aereo con un bambino

Le vacanze si avvicinano e questa, per la famiglia, è indubbiamente un’ottima occasione per riunirsi e partire tutti insieme per una piacevole vacanza.
Se, però, si decide di partire con un volo aereo e si ha un bambino piccolo, è normale per i genitori chiedersi se il viaggio possa fargli male e provocargli dei disturbi.

Un volo in aereo, per un bambino piccolo, non costituisce una controindicazione poiché l'atmosfera di una cabina pressurizzata è paragonabile a quella che si respira in montagna ad un'altitudine di 1.700 metri circa, altezza che un bimbo sano sopporta senza particolari problemi.


Fastidio alle orecchie

Recenti studi hanno dimostrato che volare in aeroplano può considerarsi privo di rischio in bambini sani anche sotto l’anno di vita.
Il problema più comune che può incontrare il piccolo, è il dolore alle orecchie al momento del decollo e dell'atterraggio, dovuto al fatto che le modificazioni della pressione atmosferica nella cabina durante queste fasi del volo possono portare a una chiusura delle tube di Eustachio, quei canali sottili che mettono in comunicazione la parte posteriore del naso con l'orecchio e che permettono all'aria di penetrare nell'orecchio stesso.

Un adulto, sbadigliando o inghiottendo saliva, è in grado di aprire le tube e di equilibrare la pressione dell'aria; nel caso del bambino, invece, è sufficiente somministrare latte, acqua o succo di frutta ed è comunque consigliabile svegliarlo, se dorme, sia nella fase di decollo che di atterraggio, per somministrargli tali liquidi.

Mal d’aereo

Nausea, pallore o sudore, possono essere scatenati al decollo o all’atterraggio oppure durante i vuoti d’aria e turbolenze; per questo motivo è opportuno scegliere sempre i posti più stabili, ovvero quelli sulle ali e verso il corridoio.
Inoltre, prima di partire, è consigliabile preparare al bambino un piccolo pasto leggero, evitando cibi grassi o troppo liquidi; in caso di nausea durante il viaggio, è bene evitare di somministrargli liquidi (soprattutto bevande acide, calde o frizzanti) ma dargli dei biscottini.

A parte questi piccoli disturbi, è un piacere viaggiare con i bambini poiché di solito dormono per la maggior parte del tempo e non danno particolari problemi; se, al contrario, rimangono svegli, l’ideale è intrattenerli con giocattoli o racconti.


Care mamme, vi è capitato di prendere l’aereo con il vostro bambino? Come vi siete comportate? Raccontatecelo!

martedì 4 maggio 2010

La rottura delle acque

Il momento tanto atteso finalmente è arrivato: dopo nove mesi il bimbo sta per nascere!
E’ possibile capire l’inizio del travaglio da tre fattori molto importanti, ovvero dalle contrazioni che iniziano a manifestarsi frequentemente e regolarmente, dalla perdita del tappo mucoso e, soprattutto, dalla rottura delle acque.

Proprio quest’ultimo evento è il momento di transizione sia per la mamma che per il bambino, in quanto il bimbo sta per passare ad una nuova realtà in cui respirerà da solo e dovrà imparare ad essere fisicamente indipendente, mentre la mamma sta per abbandonare il suo pancione ripristinando l’assetto del suo corpo.


Come riconoscere la rottura delle acque?


Nelle ultime settimane di gravidanza è normale avere sia perdite di urina che perdite vaginali, le quali, ovviamente, possono far confondere le idee.

Per capire, quindi, se si tratta di semplici perdite o della vera e propria rottura delle acque, basterà fare attenzione ad alcuni dettagli:

- mettere un assorbente igienico e controllare quanto spesso risulterà necessario cambiarlo
- se la perdita di liquido è abbondante, molto probabilmente si sono rotte le membrane
- osservare il liquido amniotico che ha un odore molto particolare e diverso da urina/perdite

Come avviene?

All’interno dell’utero, il bimbo è completamente circondato da membrane. Quando quest’ultime si rompono, con conseguente fuoriuscita del liquido amniotico, si può affermare che è avvenuta la rottura delle acque.
Al momento del parto, il bambino, a causa delle contrazioni, spinge con la sua testolina contro il collo dell’utero, provocando in questo modo la rottura del sacco (già teso a causa dell’aumento della pressione interna al sacco stesso).

Quando si rompe il sacco, la quantità delle acque che ne fuoriesce è generalmente molto abbondante. Se la rottura è totale, il flusso sarà sicuramente più intenso.
E’ importante precisare che la rottura delle acque non porta alcun dolore, sia nel caso in cui avvenga spontaneamente oppure manualmente; questo perché le sostanze che formano la membrana contenente l’acqua, non hanno terminazioni nervose.

Cosa fare?

Dopo la rottura delle acque non è sempre necessario recarsi in ospedale urgentemente; infatti, se la perdita di liquido non è abbondante e non si tratta quindi di un flusso continuo, si possono aspettare ancora un paio d’ore prima di andare nella struttura scelta per partorire; questo tempo darà la possibilità di avere la certezza che siano proprio le membrane ad essersi rotte e permetterà al travaglio di avanzare.
Al contrario, se il flusso è intenso è bene recarsi subito in ospedale.

Fra tutti i segnali, quello che fa capire più di ogni altra cosa se occorre affrettarsi per andare in ospedale oppure no, è il colore del liquido: se è limpido e incolore si potrà procedere relativamente con calma, se invece è verdastro o rossastro è bene raggiungere presto la struttura (anche se la quantità di liquido è scarsa). Infatti, il motivo di quest’ultimo caso potrebbe essere del meconio, la prima popò del bambino, sintomo di possibile sofferenza fetale.


Mamme, ricordate il momento in cui vi si sono rotte le acque? Come avete reagito? Scriveteci i vostri racconti!

martedì 27 aprile 2010

Mal di schiena in gravidanza

La gravidanza è un momento assolutamente fisiologico durante la vita di una donna, nel corso del quale il suo organismo subisce notevoli cambiamenti.
Nonostante non si parli di vere e proprie situazioni patologiche che si possono incontrare durante la gestazione, nel corso dei nove mesi possono comunque verificarsi dei disturbi in grado di turbare la tranquillità della futura mamma.

Uno dei disturbi più comuni è indubbiamente il mal di schiena, un sintomo che inizia a manifestarsi verso il quinto mese di vita del feto e che si acuisce mano a mano che la gravidanza procede.
Questo mal di schiena si manifesta attraverso un dolore che interessa tutta la parte bassa della schiena (spesso nella zona dei reni), ma può estendersi anche alle gambe e alle ossa del bacino.


Perché si manifesta?

Il peso del pancione porta la donna ad assumere una postura leggermente diversa e forzata rispetto a quella naturale; il bacino, infatti, viene spinto in avanti e la schiena, di conseguenza, tende ad essere tirata all’indietro per bilanciare il tutto.
Ne deriva che alcuni muscoli della schiena, in special modo all’altezza dei lombi, sono soggetti ad una contrazione innaturale e finiscono con l’infiammarsi.

Questa, però, non è l’unica causa. Infatti va detto che alcuni ormoni, come l’estrogeno placentare e la relaxina, contribuiscono ad “ammorbidire” ossa e legamenti, provocando in questo modo una curvatura in avanti della colonna vertebrale.

Precauzioni e rimedi

Dal momento che durante la gravidanza la schiena verrà messa a dura prova, è consigliabile da parte della futura mamma seguire dei piccoli consigli:

- non ingrassare troppo: è importante non aumentare più di 10 kg, poiché i chili in eccesso causano una pressione maggiore sulla zona addominale, obbligando la colonna vertebrale ad incurvarsi
- indossare la guaina elastica: nonostante non si possa negare che sia un po’ fastidiosa, è utile dal 5 mese in poi
- portare scarpe con tacco basso o medio: i tacchi troppo alti, infatti, fanno scivolare il piede in avanti, obbligando il resto del corpo ad una postura innaturale
- fare attività fisica: aiuta a combattere i chili di troppo
- sedersi ben dritti: possibilmente su una sedia con schienale alto in modo tale che l’intera schiena abbia un appoggio
- aiutarsi con un cuscino anatomico: mentre si guida o si dorme, un cuscino dietro al collo aiuta sicuramente a reggere il peso della testa
- dormire sul fianco: possibilmente con una gamba dritta e l’altra flessa in modo da non caricare la colonna vertebrale

Eseguire questi movimenti correttamente è importante non solo durante la gravidanza ma anche in seguito: in questo modo, infatti si eviteranno fastidiosi dolori alla schiena.


Care amiche, durante la gravidanza avete sofferto di mal di schiena? Come avete affrontato questo disturbo? Raccontateci le vostre esperienze!

mercoledì 21 aprile 2010

Norme igieniche durante la gravidanza

Durante la gravidanza il corpo diviene più sensibile e di conseguenza è opportuno, per la futura mamma, seguire delle norme igieniche affinché possa affrontare la gestazione più facilmente e serenamente.
Queste piccole attenzioni, inoltre, garantiranno una buona salute non solamente alla donna ma anche al nascituro.

Il bagno

Nel corso dei nove mesi, non vi è alcuna controindicazione né per il bagno in vasca né per la doccia; l’unico consiglio è di utilizzare un sapone neutro o a PH fisiologico (ovvero fluido detergente con PH = 5.5).

Il bagno, indubbiamente, è molto rilassante, l’importante è non utilizzare acqua che sia troppo calda (per evitare la vasodilatazione) o troppo fredda (per non causare contrazioni); la temperatura ideale dell’acqua è sui 30°-35°.
La doccia si può scegliere se si preferisce un massaggio continuo su tutto il corpo dovuto al getto d’acqua, purché non lo si diriga sulla pancia in maniera troppo forte.

I capelli e la depilazione

I capelli possono essere lavati ogni volta che lo si desidera, senza necessariamente dover modificare le proprie abitudini; è preferibile utilizzare uno shampoo delicato, diluito in poca acqua, come ad esempio quello alle erbe e soprattutto evitare tinture e permanenti in quanto tossiche e facilmente assorbili attraverso il cuoio capelluto.
Anche per quanto riguarda la depilazione, vanno evitate le creme depilatorie che possono provocare allergie, così come la ceretta a caldo che può danneggiare i capillari ed esasperare i problemi di varici. Per le gambe è preferibile usare cerette a freddo o i depilatori elettrici a strappo.

I denti

In gravidanza le carie sono più frequenti in quanto aumenta la formazione di placca dentaria, per questo motivo è bene dedicarvi una particolare attenzione ed effettuare un controllo dal dentista all’inizio e verso la fine dei nove mesi.
Inoltre è consigliabile assumere del fluoro, ogni giorno, dal 4° mese in poi seguendo le indicazioni del proprio medico.

Nel caso in cui si debba ricorrere ad un’anestesia locale per curare un dente, è importante sapere che questa è assolutamente innocua sia per la gestante che per il feto; come unica precauzione, si consiglia di avvisare il proprio dentista dello stato di gravidanza in modo che scelga l'anestetico più adatto.

L’igiene intima

L’ideale è praticarla due o tre volte al giorno utilizzando, se possibile, acqua corrente e non depositata nel bidet.
Vanno evitati, se non prescritti dal medico, i detergenti medicati e le irrigazioni vaginali (anche se vi sono perdite bianche), in quanto gli applicatori possono in qualche modo arrecare disturbo al collo dell'utero e conseguentemente al sacco amniotico.

Il seno e le smagliature

Nell’ultimo trimestre di gravidanza è consigliabile eseguire dei piccoli massaggi con il guanto di crine sui seni ed intorno all’areola mammaria, così da prepararlo all’allattamento e prevenire le ragadi.
Per rendere idratata tutta questa zona, inoltre, si può massaggiare in senso orario areola e capezzolo con dell’olio.

Il seno, così come la pancia, durante i nove mesi aumentano notevolmente e se la pelle non è elastica e non viene adeguatamente idratata, possono verificarsi delle smagliature.
Per cercare di risolvere questo problema, si può applicare un’ottima crema fin dai primi mesi di gestazione, grazie alla quale si preparerà gradualmente la pelle all'aumento progressivo di volume. Una pelle rassodata eviterà smagliature e tornerà più velocemente allo stato "normale" dopo il parto.


Care mamme, avete seguito questi piccoli consigli durante la vostra gravidanza? Avete altri suggerimenti da condividere con tutti noi? Aspettiamo i vostri racconti!

martedì 13 aprile 2010

Genitori di lingue diverse: rischio od opportunità?

Al giorno d’oggi è sempre più frequente incontrare famiglie composte da mamma e papà appartenenti ad etnie diverse.
Naturalmente viene spontaneo chiedersi se utilizzare due linguaggi diversi possa portare a qualche conseguenza negativa inerente l'apprendimento linguistico o psicologico del bambino; inoltre è assolutamente normale porsi il problema di come aiutare il piccolo a diventare bilingue senza che questo gli crei particolari difficoltà.
E’ importante capire che il bambino, durante i suoi primi anni di vita, è come una spugna che assorbe tutto quello che gli viene proposto, di conseguenza non farà distinzione fra una lingua e l’altra e soprattutto non capirà se dovrà impararne una solamente o entrambe.


Cosa fare

In base a degli studi effettuati nel corso degli anni, sembra che la tecnica migliore affinché il piccolo impari perfettamente le due lingue, sia l’OPOL (One Person, One Language): ciò significa che ogni genitore dovrebbe parlare la propria madrelingua con il figlio per un tempo considerevole ogni giorno.

Chi insegna al bambino la lingua, però, è bene che segua alcune regole:
- parlare in modo comprensibile e adatto all’età, ovvero in modo scorrevole e semplice ogni volta che si rivolge al piccolo o gioca con lui
- non trascurare mai la lingua meno parlata, aiutandosi magari con libri, cd e videocassette
- aiutare il piccolo a differenziare le due lingue, ad esempio chiedendogli di ripetere la parola nella lingua desiderata prima di rispondere oppure ripetendo ciò che il bambino ha detto
- non cambiare mai i punti di riferimento del piccolo: se, ad esempio, è abituato a parlare l’inglese con la mamma e l’italiano con il papà, ogni qualvolta comunicherà con loro saprà esattamente quale lingua aspettarsi da ognuno e sarà pronto ad ascoltare e parlare.

Cosa non fare

Per aiutare il bambino, è importante evitare alcuni piccoli comportamenti; vediamo insieme quali sono:
- non parlare mescolando le lingue: infatti è difficile che un bambino parli due idiomi senza confonderli se i genitori non rispettano i tempi da dedicare all’una e all’altra lingua
- non bisogna preoccuparsi se ogni tanto il piccolo scambia le due lingue: è una fase assolutamente normale e passeggera, infatti quando il suo vocabolario sarà più ampio, sarà in grado di esprimersi perfettamente
- non bisogna temere che i bambini bilingue imparino a parlare meno degli altri, in quanto arriveranno a padroneggiare una o entrambe le lingue esattamente come i loro coetanei.


Gli esperti del linguaggio sono comunque d'accordo nel ritenere un bene che il bambino acquisisca una seconda lingua già dai primi anni: specie dai due ai tre anni il piccolo ha un'età più che giusta per imparare correttamente due lingue.



Care mamme, voi si siete trovate in questa situazione? Come l’avete affrontata? Aspettiamo i vostri racconti!

martedì 6 aprile 2010

Attività da svolgere con il bimbo appena nato

Spesso, subito dopo il parto, momenti di stanchezza, sconforto o frustrazione fanno si che la neo-mamma abbia delle difficoltà a stabilire un legame affettivo con il piccolo appena nato. Infatti non tutte le donne provano immediatamente questa sensazione ma occorrono delle settimane affinché l’istinto materno emerga dentro di loro.

In questo caso può rivelarsi davvero utile svolgere delle attività molto semplici insieme al neonato, le quali aiuteranno la mamma a sentirsi tale a tutti gli effetti e non solamente durante lo svolgimento di quelle mansioni più “automatiche” come l’allattamento o il cambio dei pannolini.

Il nuoto neonatale

Il nuoto aiuta a stabilire un forte contatto tra il piccolo ed i suoi genitori in quanto viene svolto in un ambiente acquatico a lui familiare (simile al grembo materno) e confortevole.
Questa disciplina ha molteplici benefici:
- lavora sulla psico-motricità del neonato
- accresce la sua capacità di apprendimento
- agisce sul suo apparato circolatorio e respiratorio ed anche sullo scheletro
- accresce la fiducia nella mamma che inizia a legarsi al suo bambino


Le passeggiate


Molti bambini si addormentano o sono più tranquilli solamente quando sono in movimento, proprio come quando si trovavano all’interno del grembo materno.
Per questo motivo, se la mamma ha degli impegni non troppo pesanti da svolgere, può portare con se il piccolo con l’aiuto di una fascia porta bebè o di un marsupio per fargli sentire il suo calore (piuttosto che la classica carrozzina), ad esempio per andare a trovare un’amica o semplicemente per una tranquilla passeggiata all’aria aperta.

Il dialogo e la musica

Durante la gravidanza viene spontaneo parlare al bimbo che ancora deve nascere in quanto è stato dimostrato che il piccolo è in grado di ascoltare ed una volta nato riconosce la voce dei suoi genitori. Anche dopo il parto è bene continuare a parlargli anche se non capisce ciò che gli si dice; questo perché al neonato fa sempre bene sentire la voce della sua mamma ed inoltre lo aiuta a favorire l’apprendimento.
Allo stesso modo, anche fargli ascoltare della musica può essere di grande aiuto per trascorrere dei piacevolissimi momenti insieme, scegliendo preferibilmente brani classici o dai toni allegri.

Il massaggio

Un’altra attività neonatale molto diffusa è il massaggio, che può essere svolto sia da specialisti presso dei centri, sia dai genitori stessi sulla base delle indicazioni del terapeuta.

Anche questa tecnica porta vari benefici:
- stabilisce un forte legame fisico ed affettivo tra bambino e genitore
- cura le coliche gassose
- regolarizza il sistema circolatorio, respiratorio, immunitario e gastrointestinale
- attenua lo stress determinato dal trauma del passaggio dal grembo materno al mondo esterno
- cura eventuali disturbi del sonno

Giocare insieme

Giocare è un altro modo per avvicinarsi al proprio bambino, in quanto permette di trascorrere momenti in allegria e serenità.
Non vi è bisogno di inventarne di complicati ma basteranno semplici giochi come ad esempio il classico Dindolò o il Bubu Settete, evergreen intramontabili!


Prendere un impegno con il proprio fagottino, in un primo tempo potrà forse risultare stressante ma successivamente inizieranno ad emergere moltissimi benefici, come ad esempio prendere l'abitudine di uscire con il piccolo, ritagliarsi dei momenti da dedicare interamente al rapporto madre/figlio ma soprattutto godere appieno di tutte le fantastiche gioie che un figlio porta nella propria vita.


Mamme, come avete vissuto il primo periodo dopo la nascita del vostro cucciolo? Avete praticato qualcuna di queste attività? Raccontateci le vostre esperienze!

martedì 30 marzo 2010

Dormire nel lettone con mamma e papà

Dormire nel lettone, il cosiddetto cosleeping, è il sogno di quasi tutti i bambini. Per loro, infatti, rappresenta sia la possibilità di stare più a contatto con mamma e papà sia una situazione di gran consolazione che impedisce l'ansia di separazione nel momento più delicato, quello dell'addormentamento.

Su quest’abitudine, però, non tutti la pensano allo stesso modo; infatti, si ritiene che far dormire il bambino nel lettone abbia sia dei pro che dei contro. Scopriamo insieme quali sono!


Lati positivi


Oltre alla praticità di non doversi alzare durante la notte a controllare il piccolo o di averlo vicino durante il periodo dell’allattamento, molti genitori ritengono che il cosleeping abbia vantaggi per il loro rapporto con i figli; credono, infatti, che questo rafforzi la vicinanza affettiva e che i piccoli si sentano rassicurati dalla loro presenza, riducendo in questo modo la paura degli incubi.
Inoltre aiuta a rendere brevi i frequenti risvegli notturni del bambino, in quanto viene subito tranquillizzato dalla mamma.

Grazie al cospleeping, i genitori che sono assenti durante la giornata per motivi lavorativi, trovano in questi momenti un’occasione per dividere con i figli almeno le ore notturne.
Infine alcuni studi dimostrano un minor rischio per la “morte in culla” in quei bambini sotto l'anno di età che dormono nella stessa stanza dei genitori, pronti ad intervenire in qualsiasi momento.

Lati negativi

Soprattutto per motivi lavorativi, capita spesso che i momenti di intimità della coppia siano riservati alle ore serali; permettendo al piccolo di dormire ogni notte nel lettone, alla lunga si rischia di intaccare questi momenti! Per questo motivo la coppia sarà costretta a ritagliarsi degli spazi sempre più piccoli tutti per sé.
Inoltre il sonno dei genitori, ovviamente, tende ad essere compromesso: mentre dormono, infatti, i bambini tendono ad agitarsi e questo fattore spesso disturba il riposo degli adulti.

Sono molti i genitori che si impongono di non cedere a questo "vizio", soprattutto per non vedersi costretti a spingere il bambino a forza nel suo lettino quando sarà diventato più grande. Inoltre, se dormire con i genitori diventa un’abitudine, il bimbo potrebbe avere difficoltà ad addormentarsi in caso di spostamenti o assenza di mamma e papà.

Veniamoci incontro!

Per evitare di cadere in uno o nell’altro eccesso, bisognerebbe trovare una via di mezzo che accontenti tutti.

Vediamo insieme qualche soluzione:
- far dormire il piccolo nel lettone solamente in certe occasioni: ad esempio per non perdere ore preziose di sonno ogni notte o quando è malato e può aver bisogno di un contatto; l’importante è che sia ogni tanto e mai l’abitudine.
- vicini ma ognuno nel suo letto: per abituare il bambino a dormire nel suo letto in modo graduale, si può spostare il lettino nella camera dei genitori accostandolo a quello matrimoniale ed allontanandolo un po’ alla volta.
- un lettone per due fratellini: chi ha più di un figlio, può sistemare in cameretta un letto a due piazze invece che due lettini per bambini; questa soluzione permette di non fa sentire soli i piccoli e regala loro la sensazione di dormire in un letto identico a quello dei genitori.


E voi cosa ne pensate? Avete accolto i vostri piccoli nel lettone o siete stati tanto bravi da riuscire a farli dormire nei loro lettini?

martedì 23 marzo 2010

Insonnia e gravidanza

La gravidanza, pur essendo un evento fisiologico, può essere disturbata da una serie di piccoli fattori che possono mettere a disagio la donna interferendo con la sua vita quotidiana.
Fra questi troviamo l’insonnia, un fastidio abbastanza frequente che può accompagnare la futura mamma anche durante il periodo dell’allattamento. Solitamente si presenta durante il terzo trimestre ma può capitare anche nel primo.

Qualche nottata in bianco non è assolutamente infrequente durante la gravidanza, l’importante è rendersi conto di quando il disturbo diviene persistente a tal punto da condizionare seriamente il fisico della futura mamma, già provato da nausea, digestione lenta e acidità di stomaco, che inizia a risentirne in modo drastico.
Per questo è importante analizzare ciò che può generare l’insonnia.


Le cause

I principali responsabili dell’alterazione dei normali ritmi veglia-sonno, sono ovviamente i cambiamenti ormonali piuttosto marcati. A questi, però, si aggiungono anche altri fattori; scopriamo insieme quali sono:

- le naturali preoccupazioni, più o meno consapevoli, legate al cambiamento di vita che sta per avvenire;
- i frequenti risvegli durante la notte dovuti allo stimolo di fare pipì, in quanto nell’ultimo periodo il volume considerevole del pancione grava sulla vescica;
- i movimenti del bambino sempre più vigorosi;
- i crampi alle gambe che colpiscono alcune mamme e che sono dovuti alla carenza di calcio, potassio o magnesio;
- la difficoltà nel trovare una posizione confortevole, poiché dormire a pancia sotto diviene ovviamente impossibile mentre dormire in posizione supina fa “appiattire” la pancia, spostandone tutto il peso su utero ed intestino; sembra, invece, che dormire sul fianco sinistro sia la posizione migliore in quanto permette al piccolo di ricevere agevolmente il sangue e le sostanze nutrienti e garantisce alla mamma un ottimo funzionamento dei reni, utile anche a ridurre il gonfiore di piedi e mani.

I rimedi

Prima di tutto occorre seguire i consigli per un buon sonno validi sempre e non solamente quando si soffre di insonnia, ovvero: cercare di andare a dormire alla stessa ora, mangiare cibi leggeri la sera e scegliere un ottimo materasso. Inoltre, durante il giorno, è molto utile svolgere una moderata attività fisica (nuoto, passeggiate, ginnastica dolce) e leggere un libro rilassante prima di addormentarsi.
Se non si riesce a dormire, è meglio alzarsi e fare qualcosa di piacevole, come ascoltare un po’ di musica, guardare un film divertente o applicare delle tecniche di rilassamento o piccoli massaggi; l’obiettivo è quello di distrarsi in modo che i pensieri sgradevoli e le tensioni si allontanino.

Per l’insonnia possono essere d’aiuto alcuni rimedi fitoterapici sotto forma di tisane o di gocce, ma occorre farsi consigliare da un bravo erborista o dal proprio medico: alcune piante, infatti, potrebbero essere controindicate. Il tiglio ad esempio è innocuo, mentre non è consigliata la valeriana.
Solo nei casi più ostinati il medico può prescrivere dei farmaci.

La gravidanza è un evento che va vissuto serenamente, di conseguenza nel momento in cui si è serene, rilassate e senza pensieri, si riuscirà senza particolari rimedi a superare il proprio periodo di insonnia.


Care amiche, vi è capitato di soffrire di insonnia? Come avete risolto questo piccolo disturbo?

martedì 9 marzo 2010

Le bugie del bambino

E’ capitato a tutti i genitori di trovarsi davanti al proprio bambino mentre dice una bugia con l’aria completamente innocente ed angelica. A questo comportamento, spesso si reagisce con la collera, altre volte con il sorriso oppure domandandosi il perché di tale atteggiamento.
E’ importante capire, però, che non tutte hanno lo stesso peso, in quanto il più delle volte si tratta di piccole "bugie bianche".

A che età inizia a mentire?

Alcuni studiosi fanno risalire la capacità del bambino di mentire già ai primi mesi di vita, ovvero quando utilizza il pianto o il sorriso per attirare l’attenzione dell’adulto.

Le prime piccole bugie compaiono dopo i due anni, quando il piccolo usa la menzogna per discolparsi e negando spesso l’evidenza; questo tipo di bugia, però, tende a scomparire fisiologicamente mano a mano che il bimbo acquista maggiore fiducia in sé fino a quando non diventa capace di assumersi le proprie responsabilità.
E’ per questo motivo che in questo periodo è bene non rimproverarlo in quanto non mente intenzionalmente: dire una bugia, infatti, implica conoscere anche la verità delle cose e i bambini, a due anni, non sanno ancora riconoscere la verità, di conseguenza la punizione può confonderli e lasciare che interpretino in modo errato il comportamento dei genitori.

Successivamente, verso i quattro/cinque anni, il piccolo inizia a comprendere la differenza tra fantasia e realtà ed affina la sua capacità di mentire. In genere queste bugie sono innocue ed hanno l’unico scopo di sottrarsi ad un castigo dei genitori.
E’ in questo periodo che si può iniziare ad educarlo alla sincerità per evitare che da semplice fase transitoria, si trasformi in un modello di condotta.

Occorre attendere i sei anni affinché il bambino inizi a capire realmente la differenza tra vero e falso e a sviluppare la coscienza morale che lo porta a comprendere autonomamente le conseguenze negative del mentire, prima fra tutte la perdita di fiducia verso chi adotta questo comportamento.
A questa età, quindi, il bambino è in grado di mentire al fine di ingannare gli altri.


Il significato della bugia


Il bambino utilizza tre tipologie di bugie:

- la bugia utilitaristica: ha lo scopo di ottenere un vantaggio, evitare un rimprovero o una punizione, come ad esempio "Non sono stato io a rompere il giocattolo"
- la bugia compensatoria o consolatoria: il bambino inventa racconti e storie per consolarsi perché si sente infelice o poco amato, come ad esempio il racconto di un viaggio insieme al papà di cui sente l’assenza a causa dei suoi impegni lavorativi
- le “vanterie”: consentono di dare sfogo ai suoi desideri di grandezza ed in genere si estendono anche alla famiglia; più che di vere e proprie bugie, si tratta di un tentativo di modificare la realtà ricorrendo alla magia del pensiero e dell'immaginazione

Le bugie del bambino hanno una grandissima importanza in quanto permettono ai genitori di entrare nel suo mondo interiore; infatti possono essere interpretate come una sorta di sogni, in grado di svelare desideri e paure nascoste del piccolo.

Come reagire?

E’ fondamentale da parte dei genitori dare sempre il buon esempio, in quanto i bambini studiano attentamente gli adulti, consapevoli che anche loro a volte mentono e se questo accade si sentono giustificati ad imitarli.

Inoltre, mamma e papà devono cercare di capire cosa ha spinto il proprio figlio a mentire e ciò è possibile solamente cercando di ragionare insieme a lui al fine di farlo riflettere.
Sicuramente è più produttivo porgli delle domande piuttosto che aggredirlo, in modo da fargli assumere le proprie responsabilità.

Infine, per non correre il rischio di accusarlo ingiustamente di essere un bugiardo, bisogna accertarsi che la bugia detta sia vera, così come è consigliabile evitare di reagire con collera o con le prediche.
Infine, nel momento in cui il bambino ammette con sincerità i suoi errori, non bisogna punirlo: così facendo, infatti, apprenderà che dire la verità non premia ma che è più conveniente mentire!


I vostri bambini mentono spesso? Come reagite alle loro bugie? Condividete con noi le vostre esperienze!

martedì 2 marzo 2010

I primi passi del bambino

La crescita del bambino è davvero molto importante, soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo psico-fisico che, durante i primi tre anni di vita, è stimolato proprio dai genitori che lo aiutano nella scoperta del mondo.
Quando si parla di questo aspetto, però, è fondamentale capire che non vi sono scadenze uguali per tutti i bambini poiché ognuno ha un ritmo di crescita e di apprendimento tutto suo.

Quindi, mamme, non vi allarmate se il vostro piccolo non ha ancora iniziato a camminare; l’importante è che tappe come sorreggere il capo, stare seduto o provare ad alzarsi in piedi, siano già state conquistate!

Dalla posizione "a gattoni" a quella eretta

Verso i cinque mesi, il bambino inizia ad effettuare i primi tentativi di spostarsi nello spazio, magari per provare ad afferrare un giocattolo; ma è verso gli otto - nove mesi che impara a spostarsi gattonando. Dobbiamo precisare, però, che questa tecnica non è un passaggio obbligatorio nello sviluppo motorio del piccolo; infatti alcuni bambini, a questa età, provano subito ad alzarsi e a compiere i primi passi, magari aiutandosi ed aggrappandosi alle sponde del letto, alla sedia o alle gambe della mamma.

E’ proprio la posizione eretta che permetterà al bambino di cominciare a muoversi per esplorare l’ambiente circostante; sicuramente all’inizio avrà bisogno di un appoggio ma piano piano riuscirà a rimanere in piedi da solo senza l’aiuto di alcun sostegno.

Ci vuole pazienza!

Ci sono casi, però, in cui il bambino arriva ad imparare a camminare anche a diciotto mesi: perché succede questo? Molto spesso la causa è da attribuire ai genitori stessi che, per pigrizia o mancanza di pazienza, impediscono al piccolo di raggiungere prima questo fantastico obiettivo.

Può capitare, infatti, che se il bambino desidera un giocattolo che si trova a poca distanza da lui, il genitore senza pensarci troppo glielo prende, quando invece dovrebbe spronarlo ad andare. Oppure, quando ad esempio la mamma è molto impegnata e non può seguire il piccolo, preferisce metterlo nel box o nel girello in modo tale che non crei danni.

Un altro atteggiamento sbagliato può verificarsi al momento dei primi passi, quando il bambino vacilla e la mamma lo prende subito in braccio per paura che possa cadere e farsi male: credete, anche le brutte cadute fanno parte del processo di apprendimento ed è importantissimo non trasmettere al piccolo ansia o preoccupazione quando cade (ovviamente se non si è fatto male) altrimenti si andrà ad aumentare sempre più la sua insicurezza. Il bambino, infatti, deve capire che i suoi genitori hanno totale e completa fiducia in lui.

L’allenamento ideale

Quando il bambino comincia a muoversi e ad interessarsi a tutto ciò che lo circonda, la soluzione ideale, quando possibile, è il pavimento; infatti i genitori possono riservargli uno spazio dove potersi allenare in tutta libertà, magari in un angolo della camera su un tappeto poggiato a terra circondato da alcuni giocattoli che lo invoglieranno ad alzarsi per afferrarli.

Questa soluzione è sicuramente la più adatta in quanto il piccolo potrà così avere piena libertà di movimento.


Il vostro bambino quando ha iniziato a fare i primi passi e come lo avete aiutato in questa "grande impresa"? Raccontateci le vostre esperienze!

martedì 23 febbraio 2010

Papà in sala parto: si o no?

Per molte future mamme, la scelta è ovvia: sarà il loro compagno ad assistere al travaglio e al parto.
Per altre, invece, la decisione non è così scontata, in quanto fattori come il rapporto di coppia, la conoscenza culturale della gravidanza o semplici difficoltà di organizzazione da parte della struttura nella quale si è deciso di partorire, fanno si che il partner resti in sala d’attesa.
Inoltre, non è detto che il papà sia sempre lo "spettatore" ideale, in quanto ciò che conta è avere accanto una persona di fiducia, che faccia sentire a proprio agio e soprattutto capisca la delicatezza del momento.

Al giorno d’oggi, comunque, sono sempre di più i futuri papà che assistono la loro compagna, a tal punto che la loro presenza e collaborazione in sala parto è altamente sollecitata e consigliata dal personale stesso, in quanto infonde sicurezza e serenità nelle loro partner in un momento in cui ci si può sentire molto fragili.

Ma come può il compagno aiutare la donna in questa situazione così delicata?

Sostegno emotivo

Se il rapporto di coppia è armonioso e sereno, anche la semplice presenza del partner è molto importante per la mamma che sta per dare alla luce il loro bimbo.
Il parto, infatti, è solamente l’ultima tappa di un lungo percorso condiviso da entrambi, che parte dalla scelta di diventare genitori, al test di gravidanza e passando per tutti i nove mesi di attesa.

Quindi è importante che il papà sia consapevole del fatto che, nel corso del travaglio, anche un semplice abbraccio può risultare utile più di mille parole, senza dover necessariamente compiere chissà quale gesto; questo perché spesso, inconsciamente, può sentirsi in colpa per il dolore che prova la compagna e per il fatto di non poterlo condividere, oppure può avvertire un senso di esclusione rispetto a ciò che sta vivendo lei.
Di conseguenza fa fatica a capire che, a volte, è sufficiente la sola vicinanza fisica per dare forza alla sua donna. Tuttavia, se nella coppia si è creata un’intesa o una profonda confidenza, bastano pochi cenni o uno sguardo per stabilire una comunicazione fra loro.

Sostegno pratico

Oltre al sostegno e all’assistenza emotiva, il futuro papà può offrire sollievo alla sua partner anche in altri modi più pratici e concreti, trasformandosi in questo modo da semplice spettatore ad un componente attivo dello staff.
Infatti esistono moltissimi gesti, piccoli e semplici, che possono aiutare la donna ad affrontare il travaglio più serenamente.

Scopriamo insieme quali sono:
- eseguire dei piccoli massaggi sulla schiena per attenuare la tensione ed il dolore delle contrazioni
- aiutarla ad alzarsi o a cambiare posizione
- offrirle qualche caramella o spuntino utili per recuperare energia
- rinfrescarle il viso, inumidirle le labbra o darle un po’ d’acqua
- durante il parto, può sorreggerle il capo nella fase espulsiva
- dopo il parto può aiutare la neo-mamma nel cambio dei pannolini del neonato od assisterla nelle prime fasi dell’allattamento

Una scelta ragionata

Diventare papà è un’esperienza molto forte e se l’uomo decide di partecipare attivamente a questo momento meraviglioso, deve essere consapevole che quello sarà uno degli eventi più importanti della sua vita; se però non dovesse sentirsela o se la futura mamma non fosse completamente d’accordo, è meglio non forzare.
Infatti è fondamentale che la decisione di assistere al parto sia presa in perfetta sintonia dalla coppia, tenendo in considerazione le necessità di entrambi e ricordando che si avrà una vita intera per godere appieno di tutti i momenti meravigliosi che un figlio può regalare, dai primi abbracci al primo bagnetto, dalle prime uscite con il passeggino alle prime parole.


Mamme, siete favorevoli o contrarie a farvi assistere dal vostro partner durante il parto? Coloro che invece hanno già dato alla luce il proprio bambino, quale scelta avete effettuato e come vi siete trovate?

martedì 16 febbraio 2010

Vitamine ed integratori per bambini

Il più delle volte un’alimentazione equilibrata è sufficiente per fornire ai nostri bambini il corretto nutrimento e di conseguenza anche la giusta quantità di vitamine e sali minerali, fondamentali al loro organismo per una crescita sana.
In alcuni casi, però, può capitare che una dieta bilanciata non basti, ad esempio a causa dello stile di vita o al modo in cui gli alimenti vengono trattati e conservati. In queste situazioni è possibile rimediare aumentando la quantità di alcuni cibi da somministrare ai nostri bambini oppure facendo assumere loro degli integratori.

Integratori: cosa sono?

Ma cosa sono esattamente gli integratori? Possiamo darli in tutta tranquillità ai nostri bimbi? E’ normale da parte dei genitori porsi queste domande in quanto al giorno d’oggi la sicurezza non è mai troppa!
Gli integratori sono dei supplementi nutrizionali prodotti in laboratorio e venduti nelle farmacie rappresentanti un sostegno per tutti quei bambini che non riescono ad assumere la quantità necessaria di sali minerali e vitamine attraverso un regime alimentare standard.

La maggior parte degli integratori sono necessari a tutti i bambini, alcuni sono da assumere solamente in determinate circostanze mentre altri sono specifici per bambini fino ad una certa età.
Facciamo insieme un po’ di chiarezza su questo punto.

Durante il primo anno di vita

- Calcio: grazie a questo minerale, fra i più importanti per le crescita del bambino, l’organismo costruisce e rinforza le ossa e i denti; inoltre, favorisce la coagulazione del sangue, la contrazione dei muscoli ed allontana il rischio di rachitismo. Per il neonato è facile assumerlo durante il periodo dell’allattamento in quanto il latte materno contiene moltissimo calcio; successivamente, durante lo svezzamento, può essere più difficile, per questo bisogna somministrare al piccolo alimenti specifici

- Vitamina D: è importantissima in quanto ha il compito di rendere il calcio assunto con la dieta utilizzabile dall’organismo e di fissarlo alle ossa; inoltre collabora nella costruzione dello scheletro, favorisce la chiusura della fontanella e contribuisce ad una buona dentizione. Il nostro organismo non è in grado di produrla da sola, di conseguenza è fondamentale somministrarla al bambino sin dai primi giorni di vita

- Vitamina K: serve per la coagulazione del sangue ed è necessaria ai bambini per prevenire malattie emorragiche; si consiglia di somministrarla fino al terzo mese di vita del bebè

- Fluoro: è l’elemento responsabile della salute della dentatura, in quanto rende il dente più resistente all’aggressione cariogena; se la mamma allatta, sia in modo naturale che con l’aiuto di un tiralatte, può decidere se assumere lei il fluoro (che poi passa automaticamente nel latte), o somministrarlo direttamente al figlio

- Ferro e Zinco: insieme agiscono sullo sviluppo neuronale e cognitivo del bambino e migliorano la funzionalità del sistema immunitario; inoltre, il ferro di per sé è importantissimo per la prevenzione dell’anemia

Dopo il primo anno di vita

Prima di continuare a dare al nostro bambino integratori, assicuriamoci che segua un’alimentazione completa e con un apporto equilibrato di tutti gli alimenti, inclusi frutta e verdura: infatti, in questo caso, sarà molto difficile che vada incontro a carenze di vitamine o minerali e di conseguenza gli integratori non saranno più necessari.

Se però c’è bisogno di un supporto, ecco quelli più indicati dopo il primo anno di età:

- Ferro e Zinco: continuare con questi due componenti è importante per combattere eventuali processi infettivi ai quali il bambino è facilmente soggetto in età prescolare soprattutto quanto inizia a frequentare il nido o la materna

- Vitamina A e C: sono utili in caso di infezioni ricorrenti in quanto contribuiscono a migliorare le capacità difensive dell’organismo

- Vitamina B6, B12, Acido Folico: sono indicati durante il periodo scolastico se il bambino appare stanco o meno concentrato

Non esagerare!

E’ importante essere consapevoli del fatto che bisogna ricorrere agli integratori e alle vitamine solamente su consiglio del pediatra e mai fare di testa propria. Infatti, così come è indispensabile che tutte le sostanze sopra citate non manchino nell’organismo del nostro piccolo, è anche essenziale che non siano presenti in dosi eccessive!
Quindi rivolgiamoci al pediatra sia per stabilire se il nostro bambino ne ha bisogno sia per quanto tempo ed in quale quantità. Molto spesso, infatti, è sufficiente applicare una piccola e semplice correzione alla dieta del piccolo, magari preparandogli noi stesse, con l’aiuto del baby pappa, dei gustosi piatti completi di tutti gli alimenti di cui ha bisogno.


Care mamme, somministrate integratori al vostro bambino? Quali e da quanto tempo? Condividete le vostre esperienze con noi!

martedì 9 febbraio 2010

Tocofobia: la paura del parto

Aspettare un figlio è sicuramente fra i doni più belli offerti dalla vita.
Durante tutto il periodo della gravidanza, mamma e papà si concentrano su tutto ciò che potrà servire al piccolo una volta venuto alla luce: vestitini, scarpine, pannolini, passeggino, giocattoli e moltissimi altri accessori. Così come non avranno altri pensieri se non quello di accoglierlo nel migliore dei modi e con tantissimo amore.

Ma non sempre è così.
Infatti può capitare che verso la fine dei nove mesi, oltre al desiderio di conoscere ed abbracciare presto il proprio bebè, nella mamma inizino a farsi strada fantasie sempre più vive e frequenti sul travaglio generando paure e timori.
Stiamo parlando della tocofobia, ovvero della paura del parto, un fenomeno particolarmente accentuato nelle primipare ma riscontrabile anche nei parti successivi in quanto ogni nascita è un momento a sé stante che evoca ansie ed angosce legate alla propria salute e a quella del bambino.

I dubbi e le paure

Ma quali sono esattamente le paure che iniziano ad insinuarsi nella donna via via che il giorno della nascita si avvicina?

- Il dolore: sicuramente è il timore più diffuso fra le donne, ovvero chiedersi se durante il parto si proverà sofferenza oppure no. E’ fondamentale, però, capire che il dolore ha una funzione ben precisa durante il travaglio, ovvero quella di indicare alla mamma come cambiare la propria posizione per assecondare al meglio i movimenti del bambino e quindi favorire la sua uscita in brevissimo tempo.
Inoltre anche l’aspetto emotivo ha una forte influenza, in quanto se la mamma si troverà in un ambiente che la rende a disagio, anche la percezione del dolore sarà molto più intensa; al contrario, se circondata da attenzioni e da persone che le spiegano cosa sta accadendo, le contrazioni risulteranno sicuramente più sopportabili.

- Non essere in grado di "spingere": soprattutto se ci si trova alla prima gravidanza, è normale temere di non capire quando è arrivato il momento di spingere o di non sapere come farlo nel modo più efficace. L’importante è essere consapevoli che, in un parto naturale, la spinta è il frutto di più elementi abbinati, ovvero la forza di gravità, la spinta effettuato dal bimbo stesso, le contrazioni dell’utero ed infine le spinte volontarie della mamma. Per questo è importante fidarsi semplicemente del proprio corpo e di ciò che questo comunica.

- Benessere del bambino: aver paura che accada qualcosa di brutto al proprio bambino è assolutamente naturale in quanto fa parte dell’istinto materno; soprattutto se in famiglia si hanno avuto delle situazioni difficili come lutti o malformazioni, è inevitabile temere che possa succedere di nuovo.
Non bisogna avere paura, in quanto durante il travaglio il bebè viene costantemente tenuto sotto controllo da infermiere ed ostetriche anche attraverso il monitoraggio del battito cardiaco.

Come superare queste paure?

Il modo migliore per affrontare queste paure è raccogliere informazioni su come e dove si svolgerà il parto in modo da non sentirsi completamente in balia degli eventi.
Per questo è consigliabile, verso la fine della gravidanza, visitare la struttura scelta e parlare con ostetriche ed infermiere per sciogliere ogni dubbio e per capire come avverrà il travaglio.
Solamente in questo modo sarà possibile individuare la struttura più adatta dove partorire che permetterà di sentirsi completamente a proprio agio.

Inoltre può risultare davvero utile confrontarsi con altre future mamme che stanno vivendo la stessa situazione ed il corso preparto può essere una buona occasione.


E voi, mamme, come avete affrontato il momento del parto? Raccontateci la vostra esperienza!

martedì 2 febbraio 2010

Lo Yoga in gravidanza

Lo Yoga è la ricerca dell’armonia tra mente e corpo, un’esigenza che con la maternità diviene davvero fondamentale; infatti, riuscire a rilassarsi mentalmente durante il periodo della gravidanza, è ciò che tutte le future mamme vorrebbero.
E’ importante ricordare che lo Yoga non è una semplice ginnastica, né una tecnica di autocontrollo ma una profonda guida all’ascolto di sé. Il suo obiettivo, per tutta la durata dei nove mesi, è sia quello di creare le condizioni ideali per raggiungere uno stato di totale relax sia quello di costruire un sereno percorso di preparazione al parto.

Perché praticarlo

E' stato dimostrato da ricerche scientifiche, che praticare Yoga in gravidanza diminuisce sensibilmente i tempi del travaglio e la possibilità di far nascere sottopeso il proprio bambino.
Più in generale aiuta ad affrontare meglio i cambiamenti fisici che possono manifestarsi durante i nove mesi, come ad esempio eventuali disturbi alla colonna vertebrale dovuti alla diversa postura, nausea, gonfiori, senso di pesantezza, disturbi della digestione e difficoltà nella respirazione dovuta alla limitazione del movimento del diaframma.
Lo Yoga, inoltre, aiuta la donna a ritrovare serenità ed equilibrio, in quanto dal punto di vista psicologico può capitarle di vivere stati di timore o di ansia.
Infine, la pratica favorisce l'ascolto del corpo e dei suoi bisogni e ciò lo rende disponibile e ricettivo alla nascita del bambino.

Effetti dello Yoga

Lo Yoga ha molteplici effetti positivi sulla donna; scopriamo insieme quali sono:

- favorisce il concepimento: regola le funzioni fisiologiche, ovulazione compresa, ristabilendo l’equilibrio psicofisico. Le donne di oggi soffrono di irregolarità mestruali ed ovulatorie a causa dello stress e della vita frenetica che sono costrette ad affrontare ogni giorno; di conseguenza, per favorire il concepimento, è essenziale uno stile di vita corretto.

- ossigenazione: libera dalle tensioni muscolari e migliora la respirazione, aumenta l’ossigenazione del sangue e del bambino.

- elasticità: rende la zona del perineo, che sostiene anche l’utero, più elastico in modo tale da permettere il passaggio del piccolo al momento del parto il meno difficoltoso possibile.

- postura: con l’avanzare della gravidanza, il bacino tende a spostarsi in avanti e ad aumentare la curva lombare; da questo ne conseguono disturbi legati alla compressione delle radici nervose lungo la colonna vertebrale. Lo Yoga aiuta a distribuire bene il peso, a raddrizzare la colonna e a riconoscere ed evitare posture rigide.

- tono: tonifica i muscoli in una fase in cui l’assetto ormonale influisce sul rilassamento delle articolazioni.

Nessuna controindicazione!

Se ben condotto, lo Yoga non ha nessuna controindicazione in gravidanza!
Questo perché i suoi esercizi si basano sull’assenza di sforzo e sulla ricerca dell’equilibrio.
Durante i primi tre mesi, è ispirato a posizioni che favoriscono il rilassamento, la capacità contenitiva dell’apparato genitale e l’equilibrio di quello renale; nei mesi successivi, le posizioni favoriscono la ripresa della contrattilità uterina per lo svolgimento del parto.

Anche dopo la nascita del bambino, lo Yoga può rivelarsi di massima utilità, permettendo alla mamma e al neonato di ritagliarsi dei piccoli spazi fondamentali per mantenere l’equilibrio interiore e rigenerare l’organismo. In questo modo, ogni momento trascorso a stretto contatto con il proprio piccolo, quali possono essere passeggiate, allattamento o nanna, sarà guidato da totale armonia e benessere.


Avete mai frequentato un corso di Yoga pre-parto? O vi siete trovate meglio nello svolgerlo da sole a casa? Condividete le vostre esperienze!