giovedì 28 maggio 2009

Il massaggio in gravidanza


L’arte del massaggio nasce con la vita ed è il mezzo più antico, naturale ed istintivo per rigenerare il corpo e la mente. Ci basti pensare all’effetto benefico anche solo di una semplice carezza.
In ogni cultura ed in ogni epoca, il massaggio è stato utilizzato anche durante il periodo della gravidanza, sia come supporto al travaglio e al parto, sia come semplice “linguaggio” di comunicazione tra madre e bambino nel corso dei nove mesi di dolce attesa.
Infatti, durante la gravidanza, ogni mamma massaggia inconsapevolmente il bambino e si lascia massaggiare da lui interpretando i bisogni e i desideri che egli esprime tramite movimenti e posizioni.

Importanza del massaggio in gravidanza e principali benefici

Il massaggio in gravidanza (o prenatale), riveste un’importanza fondamentale per il benessere della futura mamma, in quanto risulta il mezzo più efficace e naturale per prevenire e risolvere varie problematiche senza alcun rischio e nessun effetto collaterale. Il massaggio, infatti, agisce positivamente su vari aspetti:

- curativo: nel caso di dolori, lombalgie, crampi muscolari o problemi circolatori agli arti inferiori. Il peso della pancia, infatti, provoca un aumento dell’iperlordosi lombare, agevolando la diffusione di eventuali dolori alla schiena, pesantezza agli arti inferiori e vene varicose. In questo caso il massaggio accrescerà le funzioni dei muscoli e delle articolazioni, migliorerà la circolazione e tonificherà il corpo

- antistress: combatte lo stress durante la gravidanza in modo naturale. Il rischio, altrimenti, è quello di essere colpite da rigidità muscolare che, a sua volta, provoca l’irrigidimento delle pareti uterine rendendo la gravidanza spesso problematica, come ad esempio provocare una nascita prematura

- benessere fisico e psichico: con l’aiuto del proprio partner, la mamma potrà creare una sorta di contatto emotivo ed energetico con il suo bambino. In questo modo, infatti, il piccolo si sentirà cullato dai suoi genitori, stabilendo con loro una relazione equilibrata ed armoniosa

Tra i benefici che produce il massaggio prenatale, ci sono anche un rilassamento e la diminuzione dell’insonnia, il sollievo alle articolazioni relativamente al peso che devono sopportare nel corso dei nove mesi, un gradevole sollievo al collo e alla schiena provati dallo squilibrio dei muscoli e dalla relativa debolezza. Il massaggio aiuta, inoltre, a mantenere la corretta postura, a preparare i muscoli ad essere usati durante il parto, a ridurre il gonfiore delle mani e dei piedi ed infine ad alleviare il mal di testa e la congestione del seno.

Frequenza del massaggio prima e dopo il parto

Alcuni medici sconsigliano di usufruire dei massaggi durante il primo trimestre di gravidanza a causa dei forti cambiamenti fisici ed ormonali cui è soggetta la donna.
Solo a partire dal secondo trimestre la futura mamma avrà acquisito dimestichezza con la sua nuova condizione e potrà quindi giovare delle sollecitazioni del massaggio, senza però mai esagerare con il numero di sedute. In questo periodo, infatti, la frequenza migliore è di una volta a settimana per una durata variabile tra i 10 minuti ed un’ora.
Solo nel terzo trimestre le sedute potranno anche raddoppiare.

Una volta concluso il parto, è consigliabile aspettare i classici 40 giorni prima di riprendere le sedute: durante questo periodo, infatti, l’utero deve far cicatrizzare le ferite del parto e ritornare alle dimensioni ed alla posizione normale, così come l’intestino che viene leggermente dislocato.
In seguito il massaggio aiuterà la muscolatura addominale della mamma a recuperare il tono ed avrà quindi un semplice effetto estetico.

Controindicazioni

Il massaggio prenatale non presenta particolari problemi di sicurezza per la salute della donna, ma è sempre consigliabile consultare il proprio medico di fiducia prima di affidarsi alla pratica di un terapista, specialmente se si dubita della sua esperienza.
In ogni caso, prima di iniziare la seduta, è bene informare il massaggiatore dei problemi fisici che si stanno avvertendo durante la gravidanza.

Le principali situazioni nelle quali il massaggio è generalmente sconsigliato sono:
- fuoriuscite di acqua o si sangue
- diabete
- febbre
- nausee mattutine, vomito o diarrea
- vertigini o palpitazioni
- alta pressione sanguigna
- dolori addominali

mercoledì 27 maggio 2009

Bonding e Attaccamento del Bambino

Il bonding (dall’inglese “bond” che vuol dire “attaccare”) è il processo di formazione del legame tra i genitori e il loro bambino. Si tratta di un fenomeno che si manifesta nel periodo immediatamente successivo alla nascita, quando il bambino e i genitori sono in grado di conoscersi reciprocamente e di sviluppare quindi un “attaccamento”.

Il bisogno di attaccamento post partum è un bisogno fisiologico, reso necessario dall’enorme quantità di ormoni che si sviluppano subito dopo il parto. Più nello specifico, gli ormoni che entrano in gioco sono:
  • Ossitocina: si sviluppa in modo sostanzioso dopo circa trenta minuti dalla nascita, quando mamma e bambino si scambiano i primi sguardi. Quest’ormone, detto anche “ormone dell’amore” induce la mamma ad un comportamento protettivo e favorisce l’innamoramento tra lei il bambino;
  • Adrenalina materna: è l’ormone che fa si che la mamma imprima nella sua memoria il momento del parto e che sia attenta a tutti i segnali che manda il neonato;
  • Adrenalina fetale: è questo l’ormone che fa sì che al neonato rimangono impressi in modo permanente tutti gli stimoli che riceve subito dopo essere nato;
  • Endorfine: fanno sì che la mamma ricordi in maniera positiva e l’esperienza del parto;
  • Prolattina: oltre a favorire la produzione del latte, quest’ormone favorisce lo sviluppo dell’istinto di protezione della mamma.
Diversi studiosi si sono occupati dello sviluppo del bonding negli esseri umani e nel corso del tempo è stato ampiamente dimostrato come sia possibile favorire ed ostacolare questo fenomeno. Premesso che il bonding è influenzato da alcune variabili sulle quali è impossibile agire (le caratteristiche dei genitori, il tipo di parto, lo stato di salute del bambino e della mamma, ecc.) esistono alcuni comportamenti che favoriscono l’attaccamento tra genitori e bambini. Uno di questi consiste nel favorire il contatto diretto tra i genitori e il loro bambino, specialmente nei momenti immediatamente successivi alla nascita.

Il tatto è il primo senso che il bambino sviluppa nell’utero. Nei 90 minuti successivi al parto il neonato è in uno stato di forte attenzione e riesce a percepire tutto ciò che lo circonda specialmente attraverso il tatto. È quindi consigliabile, nelle due ore immediatamente successive al parto, fare in modo che il bambino sia in contatto con il corpo della mamma, possibilmente pelle a pelle. Ovviamente il contatto diretto post partum può essere reso impossibile dalle condizioni di salute della mamma e del bambino e dalla necessità di effettuare accertamenti urgenti. Può accadere che i bambini appena nati siano messi dentro culle termiche ed affidati alle attenzioni di medici e infermieri e può anche accadere che sia la mamma a non essere in grado di accogliere subito il bimbo tra le sue braccia. In quest’ultimo caso la cosa migliore da fare è quella di affidare il bambino al papà, per il quale forse il contatto diretto al momento della nascita è ancora più importante in quanto è, in assoluto, li primo contatto con suo figlio.
Diversi studi hanno dimostrato che se i genitori rimangono da soli con il loro bambino subito dopo la nascita quest’ultimo si tranquillizza e smette di piangere più rapidamente. Un altro senso molto utilizzato dal bambino appena nato è l’olfatto e sia lui sia la mamma utilizzano l’odore per riconoscersi. Il primo latte (colostro) ha un odore molto simile a quello del liquido amniotico e il neonato, riconoscendolo, si sente protetto e al sicuro proprio come nell’utero. Un’attività fondamentale per il bonding è quindi l’allattamento subito dopo il parto. Il bambino inoltre attraverso l’allattamento aumenta le sue difese immunitarie e nella mamma c’è una crescita della quantità di ossitocina e prolattina.

Anche se in maniera minore, il bambino appena nato utilizza anche la vista per percepire ciò che gli sta attorno. Gli occhi del neonato sono in grado di mettere a fuoco entro una distanza che varia tra i 17 e i 30 cm, distanza sufficiente per consentire al piccolo di visualizzare il volto del genitore che lo tiene in braccio. Il bimbo nei primi momenti della sua vita è attratto in modo particolare dalle cose rotonde e scure, come gli occhi della mamma o del papà.
Anche l’udito riveste una certa importanza nello sviluppo del bonding. Il bambino infatti impara facilmente a riconoscere la voce della mamma e, a sua volta, cerca di attirare la sua attenzione emettendo dei suoni (il pianto).

Diversi studiosi si sono occupati dello sviluppo del bonding negli animali ed hanno riscontrato che se il cucciolo viene allontanato dalla madre al momento della nascita e poi ricongiunto a lei in seguito è destinato ad essere rifiutato da quest’ultima. Ovviamente per gli esseri umani le cose non stanno allo stesso modo. Pur essendo un fenomeno molto importante sia per i genitori che per il piccolo, il processo di attaccamento e lo sviluppo dei legami affettivi ad esso correlati possono avvenire anche in seguito, senza nessuna ripercussione sul rapporto genitori-figli. Ci saranno altre occasioni per cullare il bambino, portarlo in giro con il passeggino, allattarlo, coccolarlo e vivere tanti importanti momenti di interazione, come il bagnetto, la pappa o il cambio dei pannolini.

E voi? Avete vissuto gli intensi momenti del contatto post-partum oppure avete sviluppato l’attaccamento con vostro figlio in seguito? Siamo curiosi di conoscere le vostre esperienze!

mercoledì 20 maggio 2009

Il Rooming-in

Subito dopo la nascita, madre e bambino vengono spesso separati, non tenendo in considerazione che la maggior parte delle interazioni che influenzeranno il neonato è in stretta relazione al tempo che trascorrerà con la propria mamma.
Infatti, un contatto precoce fra una mamma ed il suo bambino, influenzerà positivamente il rapporto mamma-neonato, il processo di attaccamento, il successo dell’allattamento al seno e soprattutto aumenterà la capacità di affrontare situazioni stressanti.
La mamma, inoltre, con i suoi batteri, permetterà una colonizzazione batterica utile al bambino per difendersi da eventuali malattie.

Cos’è il Rooming-in?

Con il termine Rooming-in, si intende la possibilità che si dà alla mamma, dopo il parto, di poter stare insieme al suo bambino nella stessa stanza per il periodo di tempo più lungo possibile durante la giornata (quindi sia di giorno che di notte), a partire dal momento in cui la madre risulti in grado di rispondere alle esigenze del suo bambino.
Ovviamente, gli unici momenti in cui madre e neonato vengono separati, sono quelli strettamente necessari alle procedure assistenziali da parte del personale medico e/o infermieristico, i quali hanno l’importante compito di non essere troppo invadenti e lasciar quindi esprimere a mamma e bambino le loro innate risorse per affrontare insieme i primi momenti di intimità dopo il parto.

E' importantissimo che la madre venga sostenuta e guidata dal personale infermieristico, sempre con moltissima discrezione, nella presa in carico del bambino, specie nei casi in cui le condizioni personali e/o cliniche materne e del bambino, non le permettano una precoce gestione autonoma del figlio.
Secondo un'accezione allargata di Rooming-in, si possono includere nella stessa stanza anche il padre ed altri membri della famiglia; in questo modo, quando la madre non è disponibile, il padre od un altro strettissimo familiare, può occuparsi della cura del neonato.

Aspetti positivi

Indubbiamente il Rooming-in consente di dar seguito a quella stretta unione, una simbiosi durata 9 mesi, di cui non solo il bambino ma anche la mamma hanno bisogno per entrare in contatto fin da subito e a lungo.

Inoltre accudire da vicino e il prima possibile il proprio figlio, significa prendere subito confidenza con i piccoli problemi quotidiani (suzione, allattamento, cambio pannolino, etc.) e risolverli quindi con maggiore facilità, anche grazie al personale infermieristico ed ostetrico che risponde alle richieste della mamma stessa.

Un'altra caratteristica positiva del Rooming-in è quella di poter contare sulla capacità materna di rilevare precocemente nel neonato le manifestazioni proprie dei comuni disturbi dell'adattamento neonatale e segni di allarme di eventuali patologie. In questo modo, infatti, si potrà tempestivamente intervenire.

Infine, il Rooming-in viene suggerito come modello organizzativo valido a promuovere l'allattamento al seno, in quanto sono favorite le poppate a “vera domanda” (ovvero quelle di cui il neonato ha realmente bisogno), riducendo il bisogno di eventuali supplementi di liquidi diversi dal latte materno, potendo inoltre rappresentare un'utile periodo di profonda conoscenza fra madre e neonato.

Quanto deve durare il Rooming-in?

Ogni mamma è libera di scegliere se praticare e quanto deve durare il Rooming-in; infatti, non esistono regole, né imposizioni da parte del personale sanitario.
Certamente, però, per il neonato è provato scientificamente che più tempo passa con la sua mamma e meno viene confuso da stimoli sensoriali diversi: basti pensare infatti che ogni bambino alla nascita ha, ad esempio, un olfatto molto sviluppato (riconosce l’odore della mamma e del latte materno) ed ha un campo visivo ristretto a 20/30 centimetri, che è la distanza tra gli occhi della madre e quelli del bambino quando questi è attaccato al seno.

Il “nido aperto”: una valida alternativa

Una buona alternativa alla pratica del Rooming-in consiste nel nido aperto: i locali della nursery diventano accessibili in qualsiasi momento alla mamma e al papà, diventando un luogo ideale per il contatto prolungato tra genitori e neonato.
Il nido aperto permette di acquisire, con l'aiuto del personale medico ed infermieristico, esperienza e pratica nella gestione del proprio neonato (igiene, medicazione del cordone ombelicale, allattamento). Presenta il vantaggio di consentire alla madre, quando lo desidera, alcuni momenti da dedicare al riposo e alla propria famiglia.

Malattie esantematiche del bambino

Le malattie esantematiche sono quelle malattie infettive che si manifestano attraverso eruzioni cutanee, oltre che con altri sintomi come tosse, mal di gola e febbre. Sono malattie molto contagiose e quindi colpiscono in maniera maggiore coloro che non hanno ancora sviluppato forti difese immunitarie, cioè i bambini. Il contagio delle malattie esantematiche avviene per via aerea e si verifica principalmente nei luoghi frequentati da molti bambini, come gli asili e le scuole elementari. Solitamente le malattie esantematiche del bambino non sono pericolose e vengono facilmente curate, mentre paradossalmente diventano pericolose se contratte in età adulta in quanto possono portare a numerose complicazioni.

Le malattie esantematiche dei bambini più frequenti sono il morbillo, la varicella, la scarlattina e la rosolia. Per alcune di queste malattie, come il morbillo, è possibile effettuare una vaccinazione che protegge il bambino dal contagio.

Il morbillo

È causato dal paramyxovirus ed è molto contagioso. Il periodo di incubazione dura circa due settimane, dopodichè ha inizio il cosiddetto periodo pre-esantematico, caratterizzato da sintomi quali febbre, raffreddore e congiuntivite. Le eruzioni cutanee iniziano a manifestarsi dopo circa quattro giorni sotto forma di piccole macchie rosse che, partendo dal volto e dal collo, si propagano presto anche a livello del tronco e degli arti. Per il morbillo non esiste una terapia specifica, l’unica cosa che si può fare è tenere il bambino a riposo nel suo lettino e somministrargli farmaci in grado di alleviare i sintomi come la febbre e la tosse. L’alimentazione del bambino affetto da morbillo dovrà essere leggera, ricca di liquidi e di vitamina C. Il morbillo è una malattia esantematica che, pur non essendo grave, può portare ad importanti complicazioni come panencefalite, polmonite e otite. Esiste però un vaccino che può essere somministrato anche ai bambini in tenera età e che negli ultimi anni sta portando ad una progressiva riduzione della diffusione della malattia.

La Varicella

È causata dal virus della varicella-zoster (VZ), della famiglia degli herpes virus. Durante il periodo di incubazione, che varia dalle 2 alle 3 settimane, il virus non è contagioso. I primi sintomi sono l’insorgenza dell’esantema cutaneo e di febbre generalmente non alta. Le piccole macchie pruriginose che invadono il corpo diventano piccole vesciche dopo 3 o 4 giorni, per poi diventare crosticine che cadranno in breve tempo. Anche in questo caso la terapia farmacologica consente solo di alleviare i sintomi: è possibile ad esempio somministrare del paracetamolo per ridurre la febbre e degli antistaminici per ridurre il prurito. Dopo la sua manifestazione il virus della varicella-zoster rimane nell’organismo e può manifestarsi nuovamente (solitamente in età adulta) sotto forma di herpes zoster, patologia più comunemente nota come “fuoco di Sant’Antonio”. La vaccinazione può essere effettuata nei bambini che hanno raggiunto i 12 mesi di età.

La Scarlattina

Il virus che veicola la malattia è lo streptococco beta emolitico di gruppo A. Oltre che per via aerea, la scarlattina si trasmette anche attraverso il contatto indiretto, maneggiando cioè oggetti toccati in precedenza da individui contagiosi. Il periodo di incubazione dura 3-4 giorni, dopodichè inizia una fase in cui si accusano sintomi come cefalea, mal di gola, brividi, febbre alta (il termometro può segnare anche 40 °C) e malessere generale. Dopo qualche giorno è possibile che appaiano macchie rosse sul palato e sulla lingua mentre un esantema di colore rosso scarlatto invade il resto del corso, ad eccezione del viso. Questa malattia esantematica deve essere curata con antibiotici al fine di consentire una rapida guarigione e di evitare complicazioni gravi come la polmonite e l’infiammazione dei reni.

La rosolia

È veicolata dal rubuvirus. Come la varicella, la rosolia ha un periodo di incubazione che varia tra le 2 e le 3 settimane. Il periodo pre-esantematico è caratterizzato da febbre, ingrossamento dei linfonodi nucali e artralgia. La fase esantematica, che sopraggiunge dopo pochi giorni, si manifesta invece attraverso piccole papule rosse che si diffondono prima sul viso e poi sul tronco e sulle gambe. Si tratta di una malattia che solitamente non è pericolosa per i bambini e si risolve spontaneamente dopo alcuni giorni. Essa diventa però pericolosa se contratta in età adulta, soprattutto per le donne in gravidanza le quali vedono aumentare notevolmente il rischio di malformazioni al feto. Per questo motivo è consigliata la vaccinazione a tutte le ragazze che hanno superato il periodo della pubertà senza contrarre la malattia.

Altre malattie esantematiche dei bambini sono la scarlattinetta, il megaloeritema infettivo (detto “quinta malattia”) e l’esantema critico (detto "sesta malattia").

Le malattie esantematiche sono molto diffuse tra i bambini e, se curate in modo corretto, non causano danni permanenti. La cosa più giusta da fare quindi qualora il vostro bambino dovesse manifestare i sintomi di una di queste malattie è quella di rivolgervi immediatamente al vostro pediatra di fiducia, il quale vi darà tutte le indicazioni necessarie a far si che il piccolo guarisca presto.

Se già avete avuto a che fare con questo problema raccontateci la vostra esperienza, sarà utile a tutte le mamme che frequentano il nostro blog!

mercoledì 13 maggio 2009

Aiuto! Mio figlio non mangia più!

Moltissimi bambini, superato l’anno di età, attraversano una fase di rifiuto del cibo e proprio questa resistenza genera uno stato di ansia e di preoccupazione nei genitori che subito si precipitano dal pediatra, o da altri professionisti esperti in dinamiche psicopedagogiche, per chiedere il loro aiuto.

Le mamme, infatti, si spaventano quando il loro bambino inizia a rifiutare la pappa trasformando il pranzo e la cena in vere e proprie battaglie, in special modo se fino all’anno di età o poco più ha mangiato davvero come un lupetto, superando lo svezzamento senza traumi e mostrando di apprezzare il cibo.

Perché si rifiuta di mangiare?

Durante il primo anno di vita, ogni bambino triplica il peso che aveva alla nascita: si tratta di un ritmo di crescita che non ha eguali per tutto il resto della vita. É logico quindi che, per soddisfare un simile fabbisogno di calorie, il bambino mangi sempre di buon appetito, rifiutando raramente la pappa o il biberon.
Dall’anno in poi, la crescita assume dei livelli e dei ritmi più "ragionevoli", il fabbisogno calorico diminuisce e di conseguenza anche la quantità di cibo di cui il piccolo ha bisogno si ridimensiona; è per questo che il bambino inizierà a mangiare di meno e tu, mamma, non essendo preparata a questo cambiamento, inevitabilmente inizierai a preoccuparti per la salute di tuo figlio.

Il rifiuto del cibo, inoltre, costituisce una problematica che può andare oltre al semplice cambiamento del ritmo di crescita del bambino; infatti può dipendere da altri fattori come l’età del soggetto, la sua indole, il suo temperamento o il suo stato emotivo.
L’alimentazione del bambino, infatti, è teatro dell’emozione e dei vissuti che connotano la relazione genitore-figlio; ciò significa che spesso, alla base dell’inappetenza, vi è da parte del piccolo un desiderio di comunicare un disagio cui gli adulti devono dare una risposta adeguata.

Basti pensare che l’alimentazione del bambino inizia subito dopo la nascita con l’allattamento diretto da parte della madre, il quale ha un significato e una valenza del tutto particolari: il neonato, infatti, nei suoi primi mesi di vita si abitua a ricevere il latte materno dalla propria mamma mentre lo stringe in un abbraccio nel quale si sente protetto.
Quando viene meno questo rapporto diretto, l’accettazione o il rifiuto della pappa possono caricarsi di significati psicologici importanti.
Il momento del pasto deve essere gioioso e gradevole quanto lo era la poppata al seno: si dovrebbe, quindi, cercare di creare lo stesso clima di fiducia e di serenità evitando di commettere quei piccoli errori che, alla lunga, rischiano di creare tensione ogni volta che ci si siede a tavola.

Un altro motivo che spinge il bambino al rifiuto, può derivare dal rischio di mamma e papà di assumere atteggiamenti sbagliati e di trasmettere, quindi, emozioni e stati d’animo che agitano il piccolo.
Il momento della pappa, infatti, non è solo finalizzato alla nutrizione, ma è il luogo privilegiato di uno scambio relazionale tra madre e bambino, nel senso che, oltre che degli alimenti, il bimbo si nutre anche delle emozioni e delle affettività che i genitori gli trasmettono.
Davanti al figlio che mangia tutto quello che gli è stato preparato con tanto amore, la mamma si sente rassicurata ed approvata, vedendo in sostanza riconfermato il proprio ruolo.
Proprio questa necessità di tale conferma, rischia però di caricare di valenze eccessive il momento del pasto. Infatti, dal momento che per i bambini il cibo è anche uno strumento con cui comunicano i loro stati d’animo, è facile che si servano del rifiuto del cibo per manifestare il loro disagio di fronte ad un atteggiamento sbagliato.
I bambini percepiscono molto bene l’ansia della mamma, legata al pasto o in altre situazioni quotidiane, e possono esserne disturbati e irritati al punto da rifiutarsi di andare a tavola per cercare di evitare proprio questa tensione!

La soluzione migliore, sarebbe che la mamma imparasse a riconoscere e a rispettare i rifiuti del bambino, a distinguere i propri bisogni da quelli del figlio e soprattutto a capire che anche il suo piccolo, come tutti noi, ha determinate preferenze di gusto.

Alcuni consigli pratici

- usate prodotti genuini, meglio se di preparazione casalinga, compatibilmente con il tempo a disposizione e con i prodotti disponibili sul mercato; una pappa “fatta in casa” è un gesto d’amore!
- nei primi tempi non insistete se il piccolo mostra di non volere la pappa, perché fatica ad accettare le novità. Non è assolutamente necessario che lo svezzamento inizi proprio al sesto mese e un ritardo non gli comporterà di certo problemi o carenza nutrizionali di alcun tipo.
- una volta avviato lo svezzamento, occorre rispettare le reali esigenze del piccolo, assecondandone i segnali di fame, sazietà e gusti; infatti, l’imposizione potrebbe dare il risultato opposto o convincerlo che solo mangiando otterrà la vostra approvazione.
- fate stare il bambino seduto in una posizione confortevole affinché il cibo facilmente raggiungibile e a portata di mano.
- cercate di abituarlo ad un'alimentazione varia anche se mostra di non apprezzare troppo la varietà; in questa fascia d’età la maggior parte dei bambini tende ad essere abitudinario e a pretendere per lunghi periodi tempo sempre la stessa pietanza, salvo poi abbandonarla all’improvviso per pretendere quella che aveva rifiutato fino al giorno prima.
- il momento del pasto dovrebbe essere un momento importante di unione di tutta la famiglia, dunque sedetevi a tavola tutti insieme. Proponetegli anche un po’ del vostro cibo, magari lasciando che lo manipoli e che ci giochi.

martedì 12 maggio 2009

I gemelli: le difficoltà prima e dopo il parto

La gravidanza e il parto

Circa tre donne incinte su cento oggi danno alla luce più di un bambino.
Le cause che possono determinare una gravidanza gemellare sono diverse e spesso di difficile individuazione. Esistono però alcuni fattori che aumentano le possibilità di partorire dei gemelli:

1. predisposizione ereditaria;
2. età della donna: maggiore è l’età della donna, maggiori sono le possibilità che nascano dei gemelli. In particolare pare che le donne di età superiore ai 35 anni abbiano il doppio delle possibilità rispetto alle donne più giovani;
3. l’utilizzo di determinati farmaci, come alcune gonadotropine e il clornifene, che sono usati nella cura di alcune forme di sterilità.

Il parto gemellare è un evento particolare che riempie di gioia il cuore dei genitori, ma è anche un evento che inevitabilmente comporta maggiori difficoltà alla mamma. Tali difficoltà cominciano a manifestarsi fin dalla gravidanza, che per diverse ragioni risulta più delicata rispetto alla gravidanza tradizionale. Questo è inevitabile poiché gli esseri umani, al contrario della maggior parte degli altri mammiferi, partoriscono di norma un solo feto e il parto gemellare è definibile come un’eccezione. Talvolta tali difficoltà possono manifestarsi attraverso l’accentuarsi di disturbi quali la nausea ed il vomito. Essendo una gravidanza particolare è consigliabile rivolgersi ad un centro specializzato in gravidanze gemellari, senza abbandonare però il proprio ginecologo di fiducia che in questa fase rappresenta un sostegno importante. Ad ogni modo la gravidanza gemellare non è da considerare come una gravidanza necessariamente problematica, ma semplicemente come una gravidanza delicata che, in quanto tale, va affrontata con maggiore cautela.

L’allattamento e l’igiene

Subito dopo la nascita dei gemelli, la mamma ha necessariamente bisogno di riposare. Da questo momento le sue energie dovranno concentrarsi solo sui bambini ed è necessario che riceva un aiuto dal papà e dalle persone care. L’allattamento però, è ovviamente un compito che spetta a lei e purtroppo in questi casi è particolarmente gravoso. La quantità di latte che la madre è in grado di produrre è direttamente proporzionale alla richiesta dei neonati, e quando questi sono due, l’impegno della madre è ovviamente raddoppiato. I due gemelli dovranno essere attaccati al seno materno contemporaneamente, in modo da poter sincronizzare i loro tempi di poppata. Bisogna offrire da mangiare ad entrambi i gemelli nello stesso momento, anche se è soltanto uno a chiederlo ed è bene alternare i seni, poiché spesso uno risulta più pieno dell’altro. Pur con maggiore fatica, solitamente non si hanno problemi nell’allattare due gemelli. I problemi sorgono quando i gemelli sono più di due. In questi casi l’impegno aumenta in maniera esponenziale e la donna oltre a farsi aiutare dai familiari deve ricorrere a latte alternativo. L’allattamento a questo punto diventa misto e la mamma ha bisogno di aiuto perché anche solo preparare i biberon richiede una certa organizzazione.
I gemelli mangiano insieme e verranno quindi anche cambiati insieme, visto che di solito il cambio avviene dopo il pasto. Se la mamma può contare sull’aiuto di una persona fidata può affidargli un bimbo mentre cambia l’atro. Per quanto riguarda il bagnetto è invece consigliabile effettuarlo separatamente almeno fino al raggiungimento del primo anno di età, dopo avere messo sul fondo della vasca un tappetino antiscivolo.

La nanna

Visto che mangiano insieme, i gemelli di solito prendono sonno agli stessi orari. Tuttavia, specialmente nei primi mesi, è possibile che si verifichino dei risvegli notturni alternati. Questo potrebbe portare la mamma a non riuscire a dormire per più di tre ore di fila. È evidente che in questi casi risulta fondamentale l’aiuto e la collaborazione del papà. Ad ogni modo bisogna cercare di ridurre il numero delle poppate notturne, evitando di attaccare il bambino al seno ogni volta che piange.
Avendo condiviso la pancia della mamma per nove mesi, nelle prime settimane i gemelli hanno bisogno di dormire insieme nello stesso lettino, in modo che possano sentirsi rassicurati l’uno dall’altro. Dopo il primo periodo i gemellino potranno dormire separati, ma è comunque consigliabile tenere i lettini vicini tra loro.

Il trasporto

Il trasporto dei gemelli e di un eventuale altro figlio può risultare difficoltoso e per questo è necessario scegliere carrozzine e passeggini il più possibile maneggevoli ed adatti alle vostre esigenze. Se si decide di acquistare modelli “doppi” bisogna prima prendere le misure di tutte le porte di casa, del portone e dell’ascensore. È consigliabile poi controllare che il passeggino e la carrozzina possano essere facilmente trasportati in automobile. Se si ha la necessità di uscire insieme ad entrambi i gemelli, o semplicemente si vuole fare una passeggiata con loro, una soluzione pratica può essere quella di trasportarne uno con la carrozzina e uno con il marsupio. In automobile invece i bambini vanno tenuti uno davanti e uno dietro, ricordandosi di disattivare l’airbag del lato passeggero e utilizzando gli infant sit o i baby pullman.

venerdì 8 maggio 2009

Arriva un fratellino: come gestire la gelosia tra bambini

L’arrivo di un fratellino o di una sorellina dovrebbe rappresentare un evento speciale ma spesso purtroppo per un bambino può essere un’esperienza piuttosto traumatica. Psicologicamente i bambini faticano ad accettare l’idea di non essere più gli unici a ricevere le attenzioni di mamma e papà e sviluppano un sentimento di gelosia che, in taluni casi, può diventare difficile da gestire.
La gelosia e la rivalità tra fratelli dipendono dalla composizione della famiglia, dall’ordine di nascita e dalla differenza di età che separa i bambini. In una famiglia con più fratelli, ogni bambino può essere geloso di un altro ma solitamente la rivalità è maggiore tra il bambino più piccolo e quello nato immediatamente prima di lui. Generalmente poi la gelosia è più forte se i due fratelli hanno una differenza di età inferiore ai tre anni, mentre tende ad essere sempre meno intensa all’aumentare di tale differenza.

È bene sottolineare che la gelosia tra fratelli non è tutt’altro che un fenomeno anormale e anzi è quasi inevitabile. Il sentimento della gelosia può avere mille sfumature e altrettanti livelli di intensità e può manifestarsi in maniera più o meno evidente, ma in ogni caso è difficile che sia completamente assente. Inoltre per i bimbi il litigio è una vera e propria necessità, quasi un bisogno fisiologico. I bambini al di sotto dei quattro anni non riescono a stare molto tempo senza litigare perché non sono ancora in grado di esprimere in maniera corretta i propri sentimenti e le proprie emozioni.

I sintomi della gelosia sono molti e possono manifestarsi in diversi modi, a seconda del carattere del piccolo. Possono ad esempio essere sintomo di gelosia l’ostilità nei confronti del fratellino, la tendenza ad isolarsi, a rinchiudersi nella propria cameretta e a tenere il broncio, le manifestazioni di odio e di invidia e anche alcuni comportamenti violenti. Spesso inoltre il bambino più grande tende a regredire nei suoi comportamenti e ad imitare il fratellino più piccolo. Può quindi accadere che il primogenito voglia la stessa pappa del fratello minore, o che rubi il suo biberon anche se ormai non ne ha più bisogno. C’è da dire che spesso la gelosia del bimbo non è completamente ingiustificata ed è favorita da alcuni comportamenti dei genitori che istintivamente si mostrano più affettuosi e protettivi nei confronti dell’ultimo arrivato. In ogni caso, la gelosia tra fratelli non è un problema da sottovalutare perché, se gestito male, può rappresentare un vero e proprio trauma per il bambino più grande e fargli vivere un periodo estremamente difficile.

Alcuni consigli per mamma e papà

Qual è il modo migliore per affrontare il problema della gelosia tra bambini?
Fondamentalmente il bambino geloso ha paura di non essere amato ed ha quindi bisogno di sentirsi rassicurato con parole e gesti. Anche se il nuovo arrivato ha un bisogno maggiore di attenzioni e cure, non si deve fare in modo di trascurare il figlio più grande e bisogna cercare di ritagliare dei momenti nella giornata da passare soli con lui. Un’ottima idea può essere quella di guardare un po’ di tv insieme o, meglio ancora, leggere un bel libro prima della nanna. Il bimbo deve essere sicuro che i propri genitori continuano a dedicargli tutte le cure e le attenzioni di sempre ed ha bisogno di avere prove concrete. A tale scopo potrebbe essere utile una sorpresa, magari un giocattolo nuovo o un qualunque altro regalo che possa farlo felice.

Per gestire al meglio il problema della gelosia e della rivalità tra fratelli è necessario cercare di trattare i due bambini sempre in maniera identica, sia nelle lodi che nei rimproveri. Trattare in modo paritario bambini di età diverse può essere difficile ma non è certo impossibile. La cosa fondamentale è che i due bimbi abbiano l’impressione di avere la stessa quantità di affetto e di privilegi. Se il bimbo più piccolo ha il privilegio di poter sedere in braccio alla mamma quello più grande deve avere un privilegio altrettanto importante, per esempio quello di sedere a capotavola.

In questo delicato periodo il bimbo ha bisogno di sentirsi rassicurato, di sapere che la mamma e il papà gli vogliono ancora bene e non lo hanno sostituito con nessuno. I suoi comportamenti negativi quindi non devono essere visti come una volontà di fare i capricci e di essere cattivo ma come la manifestazione di un profondo disagio interiore. È sconsigliabile reagire in modo brusco e duro. In questi casi sgridare il piccolo e metterlo in punizione non risulta una strategia vincente e anzi contribuisce a consolidare nella sua mente il pensiero di non essere più ben voluto.
Un altro grave errore che spesso viene commesso consiste nel dare poca importanza alle manifestazioni di gelosia del bimbo mostrandosi indifferenti ai propri comportamenti. Per un bambino non esiste cosa peggiore che sentire di essere ignorato con l’arrivo del fratellino. Se la mamma e il papà non danno peso alle sue manifestazioni di disagio, lui cercherà di attirare la loro attenzione in maniera maggiore, magari con comportamenti violenti, dispetti e prepotenze nei confronti del fratellino. È necessario dare il giusto peso a tutto quello che accade ed agire di conseguenza.

Il modo migliore per rimediare alla gelosia tra bambini è quindi quella di essere molto pazienti e comprensivi e di aiutarli a superare questo sentimento in modo naturale. E’ necessario continuare a trattare il figlio più grande come lo si è sempre trattato anche prima dell’arrivo del fratellino ed esattamente al pari di quello più piccolo. In questo modo il bambino più grande capirà che l’arrivo del fratellino non ha cambiato le cose e potrà sviluppare verso di lui sentimenti diversi, di amore e di protezione. Dall’altra parte il più piccolo vedrà il fratello maggiore come un punto di riferimento importante ed inizierà a manifestare affetto nei suoi confronti.


mercoledì 6 maggio 2009

Piccole ricette per una dolcissima Festa della Mamma!

È da poco iniziato il mese di Maggio e, a breve, arriverà il momento di festeggiare una delle feste più dolci dell’anno: la Festa della Mamma!
Per celebrare la persona più importante del mondo, che ci è sempre accanto in ogni momento, vorremmo suggerirvi delle semplicissime ricette da preparare insieme a tutta la famiglia.
Se, infatti, avete nostalgia di quei tempi in cui, da bambine, preparavate i biscotti con la vostra mamma sporcandovi tutte di farina, allora questa trovata farà per voi!

I vostri piccoli potranno aiutarvi nella preparazione di questi semplicissimi dolcetti, aiutati anche dal papà che li potrà assistere in cucina.
I bambini saranno entusiasti di trasformarsi per un giorno in piccoli cuochi e in quanto ad immaginazione saranno bravissimi ad usarla grazie anche agli innumerevoli lavoretti che svolgono a scuola insieme alle loro insegnanti e ai loro compagni di classe, quindi potranno creare moltissime forme e figure a loro piacimento.

Ecco le nostre ricette!

Biscotti multicolori

Ingredienti:
- 100 g di mascarpone
- 100 g di zucchero
- 150 g di biscotti secchi
- 50 g di cacao
- un tuorlo d’uovo (il rosso)
- confettini colorati

Preparazione:
1. In una ciotola mescolate bene il mascarpone, lo zucchero e il tuorlo d’uovo
2. Sbriciolate i biscotti e aggiungeteli all’impasto con il cacao, poco per volta, continuando a mescolare fino a rendere l’impasto uniforme
3. Formate tante palline e rotolatele sui confettini colorati
4. Lasciate le palline così preparate in frigorifero per un paio d’ore e poi… serviteli in tavola!

Crea il suo nome!

Ingredienti:
- 200 g di farina 00
- 25 g di farina gialla
- 50 g di burro fuso
- 50 g di zucchero
- 1 uovo
- 1 bustina di lievito per dolci

Per la glassa
- 50 g di zucchero a velo
- acqua
- succo di limone

Preparazione:
1. Versate in una terrina le farine e mescolatele con il burro fuso.
2. A parte, sbattete energicamente l'uovo con lo zucchero e successivamente amalgamateli all'impasto.
3. Mettete l'impasto su una spianatoia e impastate con le mani fino ad ottenere una palla di pasta liscia e omogenea.
4. Staccate tanti pezzi di pasta quante sono le lettere che compongono il nome della vostra mamma e stirateli con le mani in modo da formare dei bastoncini, con le quali creerete le lettere del nome.
5. Ricoprite con carta da forno una teglia e su questa disponete i biscotti. Cuoceteli in forno preriscaldato per 20 minuti.
6. Se volete aggiungere la glassa, preparatela mescolando in una terrina lo zucchero a velo con poca acqua e un po' di succo di limone.
7. Infine, ricoprite i biscotti con la glassa e sistemateli in un vassoio formando il nome della mamma.

Cuori dolci

Ingredienti:
- pasta frolla
- zucchero a velo
- 2 cucchiai di liquore strega
- 1/4 di lievito pan degli angeli

Preparazione:
1. impastate la pasta frolla con l’aggiunta del liquore strega e il lievito
2. con degli stampini formate tanti piccoli cuori
3. mettete i cuoricini su una teglia ricoperta da carta forno e cuoceteli in forno preriscaldato a 180 gradi fino a quando non saranno dorati
4. trasferiteli su un vassoio, spolverizzateli con lo zucchero vanigliato e regalateli alla mamma con tanto amore!


Buon appetito e… auguri di cuore a tutte le mamme del mondo!

martedì 5 maggio 2009

Quando togliere il ciuccio?

Le mamme e i papà sanno bene che il ciuccio è un oggetto su cui il bambino, nei primi mesi di vita ma anche in seguito, concentra gran parte del suo interesse. Il motivo è semplice: succhiare soddisfa un bisogno primario, ovvero quello della nutrizione, ed è un antidoto alla paura e al senso di solitudine, sensazioni molto comuni sia nel lattante sia nel bambino più grande.
I ciucci, richiamando la forma del capezzolo materno, permettono al piccolo, quando la mamma è assente, di calmarsi e auto consolarsi, rappresentando quindi un valido aiuto psicologico in sostituzione della figura materna. Questi gli effetti positivi del Succhietto:
1. Concilia il sonno;
2. Aiuta a scaricare la tensione;
3. Fa sentire sicuro e protetto il piccolo essendo sempre a portata di mano;
4. Dà piacere: nel periodo che va dalla nascita ai due anni di vita (definito dagli psicologi come "fase orale") la bocca rappresenta una fonte primaria di piacere e l’atto del succhiare rappresenta un metodo di esplorazione del mondo.
5. Utilizzando una tettarella piatta si uniforma al palato, si minimizzerà il rischio di deformarlo.
Arriva però un momento nella vita di ogni bambino, in cui è opportuno abbandonare il ciuccio che solitamente viene abbandonato spontaneamente tra i 2 e i 3 anni di vita (di solito entro i quattro anni), ovvero quando il piccolo diventa più sicuro di sé ed autonomo, ma è impossibile stabilire il momento ideale per togliere il ciuccio, perché varia da bambino a bambino. In ogni caso, non deve essere un’interruzione improvvisa, perché così facendo si ottiene il risultato opposto: il bimbo sarà ossessionato dall’idea di aver perso un oggetto per lui importantissimo e ripiegherà l’assenza del ciuccio con il pollice.
Consigli per un distacco progressivoIl primo consiglio è quello di essere comprensivi e molto pazienti, evitando fretta e intransigenza. Una buona tattica consiste nel mostrare al bimbo una scatolina o un astuccio in cui intendiamo conservare il ciuccio al fine di utilizzarlo solo in alcuni momenti. Da quel momento gli daremo il ciuccio solo dietro una sua precisa richiesta (per esempio prima della nanna). Altra tattica è quella di proporre al bimbo di regalare il ciuccio al suo peluche preferito, che ne ha più bisogno di lui perché è ancora piccolo. Un’altra tattica, più incisiva delle precedenti, è quella di associare il distacco dal succhie tto a un vero e proprio rituale, come ad esempio gettarlo nel mare, in un lago o in un fiume, oppure regalarlo a qualcuno come se fosse il dono più importante. Altra tattica è quella di cercare di limitarne l'uso a situazioni particolari (ad esempio quando la mamma non c’è) e spostare l'attenzione dei piccoli su qualche attività che con il ciuccio non possano fare (ad esempio cantare). A prescindere dalla tattica utilizzata, l’errore da evitare è concentrare troppo l'attenzione sul "problema ciuccio", anche perché l'abbandono del ciuccio deve avvenire solo quando i bambini si sentono pronti psicologicamente per non indurli per ripiego a succhiare il pollice, con conseguenze negative per il palato e la dentatura.

lunedì 4 maggio 2009

Speciale sconto “Festa della Mamma” per tutti i fan Bimbomarket su Facebook!


Dal 04 al 10 maggio, speciale sconto del 10% su tutto il catalogo riservato ai Fan della pagina Bimbomarket!

La festa della mamma è alle porte ed è per questo che Bimbomarket, leader europeo nella vendita online di articoli per l’infanzia, vuole festeggiarla insieme a tutti voi con una fantastica promozione!

Da oggi, fino a domenica 10 maggio, per tutti i fan di Bimbomarket c'è una grande novità: il 10% di sconto su tutti gli articoli del catalogo! *

Ottenere lo sconto è facilissimo!
- diventa fan della pagina di Bimbomarket al link http://it-it.facebook.com/pages/Bimbomarket/93221105045
- successivamente inviaci una e-mail a faccialibro@bimbomarket.it richiedendoci lo sconto speciale "Festa della Mamma"
Mi raccomando! Nella mail è importante specificare nome e cognome con il quale si è registrati a Facebook.

Come effettuare l’ordine?
- entra nel sito Bimbomarket e scegli i prodotti che preferisci, i più adatti alle tue esigenze e a quelle della tua famiglia
- esegui l’ordine e, quando ti verrà richiesto, inserisci il codice: lo sconto sarà applicato immediatamente!

Continuate a seguirci e spargete la voce tra i vostri amici, le nostre promozioni sono aperte a tutti coloro che diventeranno nostri fan!



* La promozione non è cumulabile con altre iniziative in corso [articoli a “Prezzo speciale”] e sono esclusi i reparti "Outlet", "BimboGift", "Pannolini" e “Sistemi Combinabili”.
Validità dal 04 maggio al 10 maggio 2009