mercoledì 30 settembre 2009

Alcol in gravidanza

Nella società odierna, l’abuso di alcol è sempre stato considerato un atteggiamento tipicamente maschile, assegnando alle donne un consumo nettamente inferiore e moderato.
Tuttavia, fattori come la facilità nel reperire gli alcolici, la “moda” di bere, o il bisogno di ricorrere all’alcol per sopportare tutti i problemi quotidiani di coppia, familiari o lavorativi, possono portare anche le donne ad assumere una quantità eccessiva di alcol, incluse le giovani ragazze in età fertile.

Il rischio di danni prenatali dovuti al consumo di alcol, quindi, non è trascurabile ed è sempre stato un tema molto delicato. Infatti, l’abuso di alcolici (sia regolare che occasionale) durante tutto il periodo di gestazione può provocare gravi danni al feto, che rischia quindi di nascere con gravi handicap permanenti.

Effetti dell’alcol sul feto

Se una donna incinta consuma alcolici, questi giungono direttamente nel sangue del nascituro attraverso la placenta; il feto non è in grado di metabolizzare l’alcol come un adulto, di conseguenza rimane esposto più a lungo ai suoi effetti nocivi.
I danni fetali possono essere prevalentemente di due tipi:

- Fas - Sindrome Alcolica Fetale: colpisce i bambini nati da donne che durante la gravidanza hanno consumato regolarmente alcol; comporta un ritardo nella crescita del feto, danni al sistema nervoso centrale e tipiche malformazioni del cranio e della faccia, come ad esempio microcefalia, micro oftalmia o ipoplasia ad alcune parti del viso

- Arns - Alcohol Related Neurodevelopmental Disorder: si tratta di una sindrome meno "violenta" della Fas che può colpire i figli di "bevitrici moderate". Le conseguenze possono essere problemi comportamentali e intellettivi (quoziente intellettivo minore, problemi con la memoria e problemi alla motricità) e spesso comportamenti di tipo autistico

Fattori che aumentano il rischio

E’ importante sapere che non tutte le esposizioni all’alcol nel grembo materno comportano danni gravi alla salute del bambino, nonostante le probabilità siano davvero altissime; infatti, il rischio di partorire un bambino colpito dalle patologie appena descritte, può essere notevolmente aumentato dai seguenti fattori:

- ovviamente la quantità di alcol consumato durante la gravidanza
- se il consumo è stato cronico od occasionale
- interazione con altre sostanze come medicinali, droghe o tabacco
- predisposizione genetica
- condizioni di vita
- fattori alimentari

Prevenzione e cura

Questi danni fetali causati dal consumo di alcol durante la gravidanza, possono essere evitati grazie ad un’accurata prevenzione.
Infatti è importante che le donne in dolce attesa e i loro partner siano informati sul rischio rappresentato dall’alcol per il nascituro e soprattutto devono sapere che le conoscenze scientifiche attuali non consentono di definire una quantità di consumo di alcol senza rischi per il bambino!
Inoltre, anche dopo la nascita del piccolo, la neomamma deve essere consapevole del fatto che continuerà ad incontrare delle difficoltà: infatti dovrà rinunciare all’allattamento naturale del suo bambino e ricorrere al latte artificiale.

Nel caso in cui una futura mamma abbia fatto abuso di sostanze alcoliche durante la gravidanza, è fondamentale l’intervento immediato del medico, il quale dovrebbe motivarla a smettere di bere o consigliarle di rivolgersi ad un servizio specializzato nel trattamento dei problemi d’alcol.
Infatti, una cura tempestiva, può aiutare il feto a svilupparsi in modo sano nonostante sia stato già esposto a grandi quantità di alcolici.

martedì 29 settembre 2009

Pipì a letto...

La perdita involontaria di urina è assolutamente normale nei bambini molto piccoli. Al di sotto dei 2-3 anni di età il bimbo non ha ancora imparato a riconoscere bene lo stimolo e non ha ancora la capacità di controllare la vescica, per questo esistono i pannolini. La capacità di controllarsi si sviluppa progressivamente durante la crescita e dovrebbe essere completamente acquisita entro il quinto anno. Dopo il quinto anno l’incapacità di controllare la vescica viene definita enuresi. Si tratta di un fenomeno molto diffuso soprattutto durante la notte, quando il bambino dorme nel suo lettino. Il bambino che soffre di enuresi notturna non ha solitamente problemi nelle ore diurne, durante le quali riesce tranquillamente a controllare i suoi bisogni e va in bagno in maniera regolare. Si stima che i bambini di 5 anni che ancora fanno la pipì a letto siano circa il 15%, percentuale che diminuisce progressivamente con l’aumentare dell’età. È difficile dire quali siano le cause dell’enuresi notturna. Probabilmente si tratta di una combinazione di fattori psicologici, ereditari e ormonali. Si pensa che il corpo di alcuni bimbi durante la notte non riesca a sintetizzare a sufficienza l’ormone antidiuretico (ADH). Spesso l’enuresi è facilitata dal sonno molto profondo dei bambini che impedisce loro di avvertire lo stimolo e di svegliarsi per andare in bagno. A volte poi, anche quando il bambino ha imparato a controllare gli stimoli, è possibile che si verifichino delle ricadute, dovute principalmente a turbamenti psicologici causati da eventi come l’inizio della scuola materna, l’arrivo di un fratellino o la separazione dei genitori .

Esistono due tipi di enuresi notturna:

Enuresi primaria: si tratta di un ritardo nel raggiungimento del controllo dello stimolo ed è di solito causata dalla non completa maturazione della vescica o da una carenza dell’ormone antidiuretico. In entrambi i casi, con il controllo ed il consiglio del medico, il problema si attenua fino a scomparire del tutto;

Enuresi secondaria: si tratta sostanzialmente di una sorta di regressione nei comportamenti del bambino che, pur avendo già acquisito da alcuni mesi il controllo completo della minzione, torna a fare la pipì a letto. Questa forma è di solito dovuta a cause psicologiche ed è spesso legata a situazioni di stress ed ansia.

In ogni caso quello della pipì a letto è un problema che non deve portare eccessive preoccupazioni ai genitori. Se il disturbo è grande e il bambino ne risente al livello psicologico, è però il caso di rivolgersi al pediatra, che potrà consigliare i giusti rimedi ed eventualmente prescrivere farmaci a base di ormone antidiuretico.

Al di là delle prescrizioni mediche, esistono alcuni semplici accorgimenti che se seguiti possono aiutare a risolvere il problema.

Il primo consiglio che si può dare ai genitori di un bimbo che fa la pipì a letto è quello di evitare nel modo più assoluto di rimproverarlo o ridicolizzarlo. Questi comportamenti infatti oltre ad avere inevitabili ripercussioni negative sullo stato psicologico del piccolo sono completamente inutili, in quanto l’enuresi notturna è un fenomeno del tutto involontario e quindi non controllabile. Le mamme e i papà devono perciò essere il più possibile comprensivi e tolleranti, evitando di sgridare il bimbo quando fa la pipì a letto e cercando allo stesso tempo di non celebrarlo in maniera eccessiva quando non la fa. Lodare il piccolo, premiarlo con giocattoli nuovi o con particolari elogi sono comportamenti sbagliati perché generano in lui un insano senso del dovere che si trasformerà in frustrazione qualora dovesse di nuovo bagnare il letto.

La cura dell’alimentazione è un altro fattore che potrebbe aiutare a risolvere il problema, o quantomeno a ridurne le dimensioni. Gli alimenti da evitare sono il cioccolato, i cibi poco sani, i coloranti artificiali, le bevande gassate e i carboidrati raffinati. Sono invece consigliabili gli alimenti integrali ed alcune erbe che come il frumentone, il prezzemolo, la piantaggine, la paglia d’avena e la diosma. L’acqua non dovrebbe essere assunta in dosi eccessive né durante la cena né durante il resto della serata. Prima di andare a letto il bimbo dovrebbe recarsi in bagno in modo da potersi coricare con la vescica completamente vuota.

Tranquille mamme, non c’è nessun motivo preoccuparsi: se seguite questi consigli e date ascolto alle indicazioni del medico i vostri bimbo bimbi smetteranno presto di bagnare le lenzuola.

mercoledì 23 settembre 2009

Quando il Bambino inizia a dire "no"

Verso i due anni di età, può capitare che anche i bambini più tranquilli inizino ad assumere nei confronti dei genitori un atteggiamento oppositivo che si esprime soprattutto attraverso l’uso frequente della parola "no". Proprio per questo motivo, tale fase viene definita dagli esperti "fase del no", la quale corrisponde ad una sorta di tappa transitoria e naturale dello sviluppo psicologico infantile destinata a terminare intorno ai 3-4 anni.

E’ importantissimo, per i genitori, essere consapevoli del fatto che questo atteggiamento del bambino è assolutamente normale durante la sua crescita ed è sbagliato attribuirne la colpa ad una propria inadeguatezza sul piano educativo.

Come si manifesta e perché

Solitamente, i tipici atteggiamenti del bambino che sta attraversando questa fase sono tre:

- ogni richiesta avanzata dai genitori o da qualsiasi adulto si scontra sistematicamente con il rifiuto netto del bambino
- se gli viene negato qualcosa, reagisce con rabbia e a volte con vere e proprie crisi, buttandosi a terra, urlando o scalciando
- disubbidisce sempre più spesso, evidenziando in questo modo una volontà di sfida nei confronti degli adulti e delle loro regole

Attraverso la scoperta del "no", il bambino scopre in qualche modo di essere una persona separata dalla madre, dotata di personalità, volontà, carattere e pensiero; inoltre, è proprio in questo periodo che il bambino inizia anche ad usare il pronome personale "io" smettendo di riferirsi a se stesso in terza persona (Luca va sull’altalena) e facendo capire che giorno dopo giorno sta diventando sempre più consapevole della propria individualità.
Inoltre, è importante capire che tramite il “no” il bambino compie un grande passo verso la conquista di autonomia nei confronti dei genitori, ponendo per la prima volta una distanza tra sé e loro.

Un altro motivo che spinge il bimbo a questo comportamento, è la volontà di verificare fino a che punto può spingersi nell’imporre la propria volontà su quella dei genitori e quali siano, di conseguenza, i limiti che può o non può superare.
E’ per questo che le reazioni dei genitori assumono un valore davvero importante nell’educazione del loro bambino. Infatti gli atteggiamenti troppo rigidi tendono da un lato ad esasperare il suo atteggiamento oppositivo, dall’altro a reprimere questa sua naturale ricerca di indipendenza; al contrario, un eccessivo permissivismo, rischia di disorientare il piccolo impedendogli in questo modo di costruirsi delle regole in cui potersi muovere in tutta sicurezza

Cosa fare?

Per affrontare e superare al meglio questa naturale fase del piccolo, è importante seguire alcuni piccoli e semplici consigli:

- mantenere un atteggiamento calmo e sereno davanti agli scontri
- evitare le sfide cercando di non essere troppo rigidi o imperativi
- concedere delle alternative per non sentirsi dire subito di no e per ottenere una maggiore disponibilità
- stabilire poche e semplici regole da rispettare piuttosto che riempire la giornata del bambino di continui divieti (come ad esempio non tirare fuori tutti i suoi giocattoli dalla cesta, andare a dormire all’ora stabilita o non agitarsi nel seggiolone mentre si mangia)
- imparare ad affrontare le scenate piuttosto che subire il ricatto dei suoi capricci nei luoghi pubblici

Infine, va ricordato che questo comportamento del bambino è solamente una fase transitoria destinata a risolversi da sola nel tempo, per questo è importante affrontarla nel migliore dei modi e con serenità e vedrete che presto finirà da sé.

martedì 22 settembre 2009

Eczema infantile

L'eczema infantile è la manifestazione di un’eccessiva reazione della pelle del bambino a stimoli che possono essere di varia natura, endogeni ed esogeni. Si tratta di vari tipi di dermatiti che possono presentarsi sotto forma di rossore, prurito, vescicole, edema, lichenificazione e desquamazione. L’eczema può dipendere da numerosi fattori e può essere causato da inalazione, da contatto o anche da alimenti.

Le tipologie di eczema che si presentano in età infantile sono principalmente tre.

La dermatite atopica

Il termine atopica indica una condizione di aumentata reattività della pelle nei confronti di determinati stimoli che normalmente sono innocui. Questo tipo di eczema può colpire bambini di tutte le età ma è particolarmente frequente nel primo anno di vita. Provoca un prurito molto forte che tende ad acuirsi nelle ore serali. Le cause della dermatite atopica possono essere di tipo genetico (alterato metabolismo degli omega 6), di tipo ambientale (presenza di determinati allergeni), e di tipo psicosomatico, come avviene per molte patologie cutanee. La pelle colpita dalla dermatite atopica è arida e pruriginosa a causa della ridotta attività dell’enzima δ6 Desaturasi, coinvolto nel metabolismo degli acidi grassi essenziali Omega 6. Nel periodo dell’allattamento la dermatite atopica compare generalmente dopo il terzo mese, comportando prurito e rossore che si localizzano prima su fronte e guance e poi sul tronco e sulle pieghe flessorie delle gambe e degli avambracci. Nei bambini con età superiore a un anno le chiazze interessano anche le pieghe del collo, le mani, i gomiti e le ginocchia. Negli adolescenti invece l’eczema può presentarsi anche sulla nuca, sulle palpebre e sugli angoli della bocca.

La dermatite allergica da contatto (DAC)

Si tratta di una reazione allergica al contatto con determinate sostanze. Inizialmente la reazione si manifesta soltanto nella zona della pelle interessata dal contatto ma, se il contatto continua, è possibile che si estenda ad altre zone della cute e potenzialmente può interessare tutte le parti del corpo. Le sostanze che possono generare una dermatite allergica sono molte, tra cui il nichel, il cromo, il cobalto, i profumi e i conservanti contenuti in prodotti come detergenti e creme. Ma non solo, anche prodotti come il dentifricio, i cerotti e alcuni tipi di scarpe possono essere la causa di una reazione allergica della pelle del bambino.

La dermatite da contatto irritante (DCI)

Spesso accade che il contatto con alcune sostanze porti ad un’irritazione e non ad una vera e propria reazione allergica. I bambini e i neonati sono solitamente colpiti da due tipologie di dermatite da contatto irritante. La prima è la dermatite irritativa che colpisce l’area del pannolino, la cosiddetta napskin dermatitis. Si tratta di una deramtite dovuta al contatto della delicata pelle del bambino con i pannolini sporchi e compare generalmente quando il piccolo è in grado di mantenersi in posizione seduta, ossia dopo il quinto mese di vita. La dermatite periorale invece colpisce la zona attorno alla bocca ed è decisamente più rara, visto che colpisce soprattutto le giovani donne e in maniera decisamente meno frequente i bambini e gli adulti di sesso maschile. Spesso quando questo tipo di dermatite si presenta nei bambini piccoli si pensa che si possa trattare di un’irritazione dovuta al ciuccio, ma in realtà la le cause della dermatite periorale non sono ancora state identificate con certezza.

Gli eczemi infantili si curano solitamente attraverso la somministrazione di cortisonici, steroidi ad uso topico, emollienti e idratanti per la pelle. In ogni caso però la terapia va definita dal dermatologo in seguito ad una visita specialistica e non può assolutamente essere improvvisata. Spesso accade che i genitori attribuiscano la causa dell’eczema a questo o a quel cibo, iniziando a ridurre e a modificare senza criterio gli alimenti presenti nella pappa del piccolo. Questo è un comportamento da evitare assolutamente, così come è da evitare qualunque altra soluzione fai da te.

mercoledì 16 settembre 2009

È arrivata la nuova collezione Chicco!

Su Bimbomarket sono finalmente disponibili i prodotti Chicco della collezione 2010!

La nuova collezione vi offre ancora più qualità, sicurezza e innovazione, per seguire ogni fase della crescita dei vostri bambini.

Tanti nuovissimi prodotti firmati dal più prestigioso marchio di articoli per bambini: passeggini, trio, seggioloni, seggiolini per auto e numerosi altri articoli sono a vostra completa disposizione nel catalogo di Bimbomarket.

Venite subito a scoprirli, vi aspetiamo!

Depressione post partum

Moltissime mamme, nei primi giorni che seguono il parto, sperimentano uno stato transitorio di depressione.
Infatti può capitare la neomamma si senta triste senza una vera ragione, oppure pianga sentendosi inadeguata in relazione a tutte le nuove responsabilità che l’attendono.
E’ importante sapere che questo stato d’animo non deve affatto spaventare, in quanto, nella maggior parte dei casi, si tratta di una reazione del tutto naturale e fisiologica dovuta alla stanchezza del parto e all’improvviso riassetto ormonale che si verifica subito dopo la nascita del bambino nel corpo della donna.

Tipologie e cure

- Il baby-blues:
è la forma più lieve e si manifesta con crisi di pianto e stati di tristezza ed ansia; tende a scomparire nell’arco di quindici giorni al massimo e non richiede particolari cure, solamente un po’ di pazienza e l’affetto di amici e familiare della neomamma.

- La depressione post partum:
in questo caso i sintomi sono molteplici e si manifestano in forme mutevoli sia per durata che per frequenza; parliamo di: insonnia o sonno eccessivo, confusione, pianto inconsulto, disinteresse per il bambino, paura di fare del male al bambino o a se stessa, improvvisi cambiamenti di umore, indolenza e affaticamento. La durata di questi sintomi varia da qualche settimana ad un anno; in questo caso sono consigliabili antidepressivi (con conseguente interruzione dell’allattamento) e psicoterapia, da proseguire anche oltre la scomparsa dei sintomi.

- La psicosi post partum:
infine troviamo la forma più grave di depressione e richiede misure mediche tempestive; infatti i sintomi comprendono stati di agitazione, confusione, pessimismo, disagio sociale, insonnia, paranoia, allucinazioni. In questo caso, addirittura, può essere in pericolo la vita del bambino o della mamma stessa. La soluzione è il ricovero in ospedale e una serie di cure adeguate alle forme di psicosi riscontrate.

Le cause

I fattori di rischio che potrebbero incidere sulla comparsa di questo fenomeno sono normali sbalzi ormonali, stati di ansia già durante il periodo della gravidanza, eventi traumatici subiti nell’ultimo anno, difficoltà sociali e conflitti coniugali o familiari. Spesso, la depressione post partum, compare nelle ragazze madri che risultano deboli dal punto di vista emotivo.

Come prevenire la depressione post partum

Pur essendoci delle cause naturali legate alla fisiologia della mamma e ai suoi stati d’animo, è possibile prevenire o quantomeno attenuare le manifestazioni della depressione agendo soprattutto a livello psicologico, sia da parte della mamma stessa che di chi le sta vicino.

Ad esempio, può essere molto utile limitare i visitatori nei giorni successivi il rientro a casa dopo il parto, dormire nelle stesse ore in cui dorme il neonato, ritagliarsi dei momenti dedicati esclusivamente alla mamma e al piccolo come ad esempio cambiargli i pannolini o fargli il bagnetto, seguire una dieta che eviti eccessi, rafforzare il rapporto con il partner, amici e familiari.
Inoltre è importantissimo chiedere aiuto quando se ne sente il bisogno e cercare di mantenere un atteggiamento realistico nei confronti di se stessi e del bambino, con la consapevolezza che si sta per affrontare una situazione che avrà degli alti e bassi ma che nell’arco di pochi giorni passerà da sola lasciando spazio a tutte le gioie più belle che una maternità può donare.

Da parte di tutte le persone che sono accanto alla neomamma, infine, può essere utile offrirle aiuto nei lavori domestici, alleviarle qualche impegno offrendosi di svolgerlo per lei, mostrare disponibilità portando, ad esempio, il neonato a fare una passeggiata con la carrozzina, ascoltarla ed offrirle sostegno.

martedì 15 settembre 2009

Tre giorni di sconti su tutti i giocattoli!

Se state pensando ad un regalo per il vostro bambino, questo è il momento giusto per acquistarlo.

Nei prossimi tre giorni tutti i prodotti del reparto Giochi di Bimbomarket saranno in offerta speciale!

Mercoledì 16, Giovedì 17 e Venerdì 18 settembre potrete infatti acquistare tutti i giocattoli in vendita su Bimbomarket con uno speciale sconto del 15%!

Cosa aspettate? Per usufruire dello sconto non dovete far altro che collegarvi al sito di Bimbomarket, scegliere i giocattoli che desiderate acquistare e completare la normale procedura.

Bimbomarket, un mondo a prova di bimbo.

(*) La promozione non è cumulabile con altre iniziative in corso. Validità: 16, 17 e 18 settembre 2009.

Il sonno durante la gravidanza

Durante la gravidanza il modo di riposare subisce delle inevitabili trasformazioni. Nel corso dei primi mesi l’elevata quantità di progesterone porta di solito ad un aumento della sonnolenza e ad un conseguente allungamento dei tempi del sonno. Inoltre capita spesso che le future mamme, prese dall’entusiasmo e dall’ansia di non avere il tempo di pensare a tutto, si dedichino in modo eccessivo alle tipiche attività del periodo pre-parto, arrivando alla sera in uno stato di eccessiva stanchezza. La preparazione della cameretta, la scelta e l’acquisto del passeggino, della carrozzina e di tutti i prodotti per il bambino che nascerà sono attività che spesso vengono fatte in questo periodo e che sono inevitabilmente causa di affaticamento. Nonostante l’aumento della stanchezza e della sonnolenza, nei primi mesi di gravidanza aumentano anche i risvegli notturni, soprattutto a causa della maggiore necessità di andare in bagno. Dal quarto al sesto mese si comincia invece ad avere difficoltà nel trovare una posizione comoda e potrebbero insorgere i primi problemi di insonnia, che diventeranno sempre maggiori nel terzo trimestre. In quest’ultima fase della gravidanza infatti entrano in gioco una serie di disturbi che possono rendere il sonno molto difficile, come i bruciori allo stomaco, i dolori alle gambe, la nausea e il bambino che scalcia. Se si vuole fare in modo di ridurre al minimo gli effetti di questi disturbi in modo da poter dormire serenamente e senza eccessivi fastidi è necessario seguire alcuni accorgimenti.

La prima cosa da fare è assumere la giusta posizione. La posizione consigliata dai medici per gli ultimi tre mesi di gravidanza è la posizione laterale sul fianco sinistro, con le ginocchia leggermente piegate. Dormendo in questo modo si evita che il peso del bambino faccia pressione sugli organi interni e sulla vena cava inferiore, la vena che fa circolare il sangue dagli arti inferiori al cuore. Se tale vena viene schiacciata si può andare incontro a disturbi quali abbassamenti di pressione, capogiri e affaticamento. Inoltre questa posizione consente di ridurre il gonfiore e la ritenzione idrica e migliora notevolmente il passaggio dei nutrienti alla placenta. Se non si è abituati a dormire di fianco è possibile che si riscontrino delle difficoltà nel tentativo di adottare questa posizione durante la gravidanza. La cosa migliore da fare sarebbe quella di cominciare ad assumerla già dalle prime settimane, in modo da avere il tempo di abituarsi. Se non si riesce a stare comode è possibile aiutarsi con dei cuscini: uno fra le gambe per fornire sostegno alle cosce, uno sotto il sedere e uno appena sotto la schiena. In commercio esistono degli appositi cuscini per la gravidanza ma, in alternativa, si possono utilizzare anche i cuscini tradizionali.

Un’alta cosa alla quale è necessario porre attenzione se si vuole riposare serenamente durate la gravidanza è l’alimentazione. Molto spesso infatti i disturbi notturni della stomaco sono dovuti a problemi di digestione e per questo bisogna fare in modo di consumare una cena non troppo pesante, evitando i cibi acidi, quelli fritti, i piatti eccessivamente conditi e quelli troppo speziati. Anche se può sembrare superfluo, è bene poi ricordare che in gravidanza non bisogna assolutamente bere alcolici né fumare. Questi comportamenti, oltre a rappresentare un seria minaccia per la salute del bambino, provocano disturbi del sonno di non poco conto. Da ridurre è poi il consumo di bevande contenenti sostanze eccitanti, come il caffè, il the e le bibite a base di caffeina, come la Coca Cola. È invece consigliabile bere molta acqua, ma è meglio se si beve di più durante il giorno e non si eccede la sera, per evitare di svegliarsi di notte con il bisogno di andare in bagno.

Un altro fattore che influisce sulla serenità del sonno è ovviamente l’ambiente nel quale si dorme. La camera da letto deve essere in grado di soddisfare tutte le esigenze della futura mamma, in modo da aiutarla a rilassarsi. La camera deve quindi deve essere il più possibile comoda ed accogliente, avere la giusta temperatura e il giusto livello di umidità.

Al fine di potersi godere un bel sonno ristoratore è poi necessario arrivare alla sera in uno stato di assoluta rilassatezza e tranquillità. A tale scopo è importante fare in modo di avere un sonno regolare, in modo che le ore dormite consentano di sostenere la giornata senza stancarsi o stressarsi eccessivamente. È bene concedersi un riposino nel pomeriggio, ma è anche bene che questo non duri più di un ora, perché se si dorme troppo di giorno si aumenta inevitabilmente il rischio di soffrire d’insonnia durante la notte. La mente poi deve essere il più possibile libera da pensieri, non bisogna fare in modo che l’ansia delle cose da fare il giorno seguente turbi la propria tranquillità.

Le vecchie abitudini che normalmente si usano per rilassarsi a prendere sonno possono essere mantenute: un bel bagno caldo, qualche pagina di un buon libro, e qualunque altra attività in grado di conciliare il sonno è assolutamente consigliabile.

mercoledì 9 settembre 2009

Perdere peso dopo la gravidanza

Dare alla luce il proprio bambino è indubbiamente una delle esperienze più belle che una mamma possa vivere, una gioia talmente grande in grado di annullare tutto il disagio e il dolore provato tra la gravidanza e il parto.
Sfortunatamente, però, un effetto di questo straordinario evento è l’aumento di peso da parte della neomamma, la quale vorrebbe liberarsene subito nonostante sia una conseguenza fisiologica, normale e più che necessaria, soprattutto se si allatta il proprio bambino.
E’ importante sapere che è consigliabile non avere fretta nel voler perdere i chili in eccesso restanti dopo il parto, in quanto è normale che ci vogliano almeno dai tre ai sei mesi per perderli naturalmente.

Piccoli consigli per tornare in forma

Le mamme che perdono i chili di troppo subito dopo il parto o durante l’allattamento, sono una minima percentuale, di conseguenza il metodo più efficace per tornare in forma è unire alla dieta un programma di attività fisica (e non insistere soltanto sull’una o l’altra), oltre che seguire alcuni piccoli suggerimenti:

- No alla dieta durante l’allattamento: tuo figlio, infatti, avrà bisogno di moltissimi nutrienti specifici come calcio, ferro e proteine; inoltre, durante l’allattamento, consumerai moltissime calorie rispetto a quelle necessarie per il tuo organismo e produrrai ormoni che favoriscono la perdita di peso riducendo il volume dell’utero

- Esci il più possibile: appena puoi riprendi la palestra, inizia un corso in piscina, fai yoga, o semplicemente esci insieme al tuo bambino, infatti anche fare lunghe camminate con il passeggino ti aiuterà a rimetterti in forma

- Bevi tantissima acqua: è importante per il tuo organismo, soprattutto se allatti

- Mangia e cucina in modo sano: cerca di limitare il sale perché causa ritenzione idrica ed evita dolci, fritture, bibite gassate ed alcolici; non far mancare mai la verdura sulla tua tavola. Inoltre, ai tre pasti principali, aggiungi due spuntini per aiutarti ad arrivare al pasto successivo meno affamata

- Riposati: è importante cercare di dormire almeno 8 ore a notte, in quanto durante il sonno si produce la leptina, un ormone che provoca la sensazione di sazietà

- Condividi il tuo obiettivo: la complicità di tuo marito, delle tue amiche o il sostegno dei tuoi familiari, ti incoraggeranno e ti aiuteranno a raggiungere l’obiettivo con più facilità, incoraggiandoti magari nei momenti più difficili o di sconforto

Ascoltiamo il nostro corpo

E’ fondamentale non dimenticarsi mai che il nostro corpo è cambiato per un fine importante e naturale, ovvero la nascita di nostro figlio e che non è necessario essere filiformi per piacere e per piacersi a dispetto di quanto la società di oggi voglia farci credere.
Se, però, tornare alla forma che si aveva prima della gravidanza può farci sentire meglio, è importante procedere sempre per gradi. Cerchiamo quindi di non strafare, di ascoltare il nostro corpo, di ritagliare dei momenti tutti per noi fra pappe e pannolini da dedicare al completo relax: in questo modo, infatti, riusciremo ad affrontare meglio e con positività qualsiasi prova decideremo di affrontare!

martedì 8 settembre 2009

Siamo quasi a mille...

Il profilo Facebook di Bimbomarket ha quasi raggiunto l’incredibile traguardo dei 1000 fans!



Non appena questo straordinario risultato sarà raggiunto festeggeremo premiando uno dei nostri sostenitori.

Trai i primi 1000 fan sarà estratto un fortunato vincitore che riceverà uno splendido regalo direttamente a casa!

Non sei ancora nostro fan? Affrettati, siamo già a quota 990!

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Sesso in gravidanza: consigli e rischi

La gravidanza ha spesso conseguenze pesanti sull’attività sessuale dei futuri genitori. I motivi che spingono le coppie ad interrompere o a ridurre drasticamente i loro rapporti intimi possono essere di varia natura. Molto spesso a portare all’astinenza sono fattori esclusivamente psicologici, legati alle convinzioni etiche e morali delle persone. Può infatti accadere che i futuri genitori si sentano a disagio nel praticare sesso in gravidanza, vedendo la cosa come un atto amorale o comunque poco appropriato alla situazione. Per ciò che riguarda la donna poi, le trasformazioni fisiche la portano spesso alla convinzione di non essere più attraente e la spingono a rifiutare l’idea di avere rapporti intimi.

Accade però anche che le future mamme e i futuri papà decidano di astenersi dall’avere rapporti perché convinti dell’esistenza controindicazioni mediche. A tal proposito è opportuno precisare che il sesso in gravidanza non è assolutamente dannoso per il feto e che, se la gravidanza procede senza problemi particolari, non provoca alcuna complicazione. Il bambino nel ventre materno è ben protetto dal sacco amniotico ed è pressoché impossibile che possa essere compresso durante un normale rapporto. Spesso poi si ha paura di poter trasmettere microbi e quindi causare infezioni al feto. Anche questo timore risulta assolutamente infondato da un punto di vista medico: il collo dell’utero è isolato da una mucosa che sbarra l’accesso ad ogni tipo di microbo, proteggendo il bambino al 100%.

Esistono però alcune particolari situazioni che, valutate insieme al proprio medico, possono portare alla giusta decisione di interrompere l’attività sessuale durante i mesi della gravidanza. In particolare, è bene non avere rapporti sessuali nel caso di:

• Minacce di aborto;
• Predisposizione ai parti prematuri;
• Forte dilatazione del collo dell’utero;
• Perdita di liquido amniotico
• Rischio di distacco della placenta;
• Presenza di più di un feto.

In generale, è consigliabile evitare i rapporti sessuali ogni volta che si è di fronte a complicazioni che rendono la gravidanza a rischio. Andrebbero inoltre evitati i rapporti completi nelle ultime settimane della gravidanza, poiché in questo caso esiste la possibilità di stimolare la nascita prematura.

Ultime settimane a parte, durante una gravidanza a decorso fisiologico (a basso rischio) è giusto che la coppia conservi una normale vita sessuale, per fare in modo che questo straordinario evento venga vissuto in totale serenità, senza lo stress che può insorgere a seguito di privazioni inutili. C’è poi da sottolineare che l’attività sessuale subirà inevitabilmente un calo nel periodo post-parto e in questo caso sì che sarà obbligatoria l’astensione. Dopo il parto, sia esso naturale o cesareo, è giusto interrompere i rapporti sessuali per un periodo variabile fra uno e tre mesi. Molto spesso infatti anche nel caso di parto naturale è necessario eseguire un piccola sutura che impedisce alla donna di avere rapporti nel puerperio. In questo periodo un ostacolo è spesso rappresentato dallo stato psicologico della neo mamma che può essere vittima di stati depressivi più o meno profondi. Non è poi da sottovalutare la fatica e lo stress che inevitabilmente si vivono quando arriva un neonato: tra poppate, biberon e cambi del pannolino capiterà molto spesso di doversi svegliare in piena notte e a quel punto la stanchezza potrebbe prevalere su ogni tipo di desiderio.

Una convinzione che va assolutamente sfatata è quella che nel periodo dell’allattamento non sia possibile restare incinta e che si possano quindi avere tranquillamente rapporti non protetti. L'allattamento, grazie agli alti livelli di prolattina in circolo, è in grado di ridurre l’attività ovarica ma non di annullarla e molto spesso capita che, poco dopo il parto, ricomincino ovulazioni periodiche.

venerdì 4 settembre 2009

Sono arrivati i nuovi trio Chicco: Enjoy Fun e Living!

Da oggi, solo su Bimbomarket, è possibile acquistare le ultime novità di casa Chicco, il Trio Enjoy Fun e il Trio Living!


Trio Living Chicco


Pratico, maneggevole e leggero, il Trio Living Chicco segue la crescita del bambino passo dopo passo, dalla nascita fino ai tre anni. Questo fantastico trio è composto da:
- il bellissimo passeggino Living con doppia configurazione "fronte mamma" e "fronte strada";
- la pratica navicella che, agganciata al telaio del passeggino, si trasforma in una comoda carrozzina;
- il seggiolino Auto-Fix Fast, omologato secondo la norma ECE R44/04 per il Gruppo 0+ (dalla nascita fino a 13 kg di peso).
Il Trio Living è disponibile su Bimbomarket in ben otto varianti all’incredibile prezzo di 599 euro!

Trio Enjoy Fun

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mercoledì 2 settembre 2009

Conservazione delle cellule staminali del cordone ombelicale

Le cellule staminali sono cellule ancora immature destinate a dare origine a diversi tipi di cellule specifiche. Rappresentano lo strumento più efficace dell’organismo per rigenerare i propri tessuti, infatti, una volta specializzate, andranno a sostituire le cellule giunte alla fine del loro ciclo vitale.
La loro conservazione rappresenta sempre più una risorsa importantissima, in quanto è stato dimostrato che grazie ad esse è possibile curare con efficacia malattie molto gravi per le quali, nei decenni passati, non vi erano cure e lasciavano pochissime speranze a coloro che ne venivano colpiti.

Cellule staminali e cordone ombelicale

Le cellule staminali si trovano principalmente nel midollo spinale e nel sangue del cordone ombelicale. Queste ultime sono le più vitali, hanno maggiore capacità di riprodursi in altri tipi di cellule e sono di più semplice estrazione, in quanto la loro raccolta non comporta alcun intervento invasivo né per la mamma che per il bambino.
E’ per questo motivo che al giorno d’oggi, un numero sempre più elevato di future mamme decide di ricorrere a questa pratica, in quanto conservare le cellule staminali del proprio figlio rappresenta una soluzione nel caso in cui il piccolo (o qualche parente compatibile geneticamente) in futuro dovesse contrarre una grave malattia.

Ovviamente ci sono soggetti più a rischio che potrebbero aver bisogno con maggior facilità di queste cellule; parliamo di:

- famiglie con predisposizione genetica storica verso malattie che possono essere curate solamente con l’aiuto delle staminali
- bambini nati in seguito a fertilizzazione in vitro, in quanto, in questo caso, risulta spesso difficile trovare donatori adeguati

Come avvengono la raccolta e la conservazione?

Raccogliere e conservare le cellule staminali dal cordone ombelicale, è davvero molto semplice.
Al momento del parto, infatti, è necessario un semplice kit di sterilizzazione in cui inserire il cordone, il quale dovrà essere poi inviato nei centri specializzati che prelevano, isolano e conservano le cellule staminali sotto azoto.
E’ importante ribadire che questa operazione non è pericolosa, non comporta nessun fastidio né per la donna che per il neonato e che il prelievo avviene immediatamente subito dopo il parto e dura pochissimi minuti.
Successivamente la mamma potrà tranquillamente prendersi cura del suo bambino, iniziare l’allattamento e, dopo qualche semplice giorno di riposo in ospedale per riprendersi dalle fatiche del parto, ritornare a casa con il suo piccolo nella carrozzina.

Dove effettuare il prelievo

La mamma che ha intenzione di usufruire della possibilità di conservare le staminali del cordone ombelicale, deve informarsi presso la struttura da lei scelta per partorire se questa è attrezzata per la raccolta; se riceve una risposta positiva, può allora segnalare la sua richiesta in modo tale che, al momento del parto, i medici possano preparare tutto l’occorrente.
Sfortunatamente, nonostante l’importanza di questa pratica, in Italia non tutti gli Ospedali e le Cliniche sono predisposti al prelievo; inoltre, anche nelle strutture attrezzate, non sempre questo è un servizio segnalato o suggerito da medici ed infermieri, per questo vi consigliamo di informarvi sempre con attenzione e soprattutto con molto anticipo.

Le norme in Italia e i costi

La legge in vigore in Italia al riguardo, consente la conservazione del sangue da cordone ombelicale ad uso privato solamente se dopo il prelievo questo verrà poi spedito e conservato presso centri specializzati all’estero, previa autorizzazione delle Autorità competenti.
Di conseguenza, nel nostro paese, non è consentita la presenza delle Banche Private di conservazione si cellule staminali, ma è comunque permesso raccoglierlo al momento della nascita del piccolo e spedirlo all’estero per la crioconservazione.

Ovviamente spedire e conservare le staminali nelle Banche Private estere, ha un costo che non tutte le famiglie sono in grado di sostenere, nonostante la loro intenzione di approfittare di questa nuova frontiera della medicina; i costi, infatti, variano dai 1.500 ai 2.500 euro.
E’ per questo che sono nati moltissimi fondi solidali proprio per permettere anche alle famiglie meno abbienti di poter avere accesso alla crioconservazione ad uso privato; infatti, considerando che si tratta di una spesa una-tantum per 20 anni di conservazione, moltissime mamme la considerano una vera e propria assicurazione sulla vita e pur di approfittarne decidono di ridurre i costi su altre spese, come ad esempio privarsi di un nuovo elettrodomestico o acquistare tutti i prodotti per bambini di cui necessitano un po’ meno costosi.

martedì 1 settembre 2009

Ragadi del capezzolo

L’allattamento al seno è una delle esperienze più belle che una donna possa vivere. A volte però insorgono fastidi e problemi che scoraggiano le mamme dal continuare ad allattare il bambino al seno e le spingono ad optare per il biberon. Uno di questi problemi è rappresentato dalle ragadi del capezzolo. Le ragadi sono piccoli tagli che si formano sul capezzolo o sul bordo dell'areola rendendo l’allattamento fastidioso o addirittura doloroso. Le principali cause delle ragadi sono l’errata postura del bimbo durante l’allattamento e l’errata tecnica che la mamma utilizza per offrire il seno al piccolo ma possono essere favorite anche da altri fattori, come l’eccessiva durata delle poppate e le specifiche caratteristiche della cute della mamma. Inoltre c’è una maggiore predisposizione nel caso del capezzolo retratto, che può rendere particolarmente ostico l’attaccamento del piccolo al seno.

Esistono però alcune semplici regole che, se seguite, possono ridurre il rischio di comparsa di ragadi sui capezzoli oppure favorire la loro guarigione:

• quando si comincia l’allattamento la mamma dovrebbe, aiutandosi con le dita, comprimere leggermente la zona intorno al capezzolo così da agevolare l’ingresso nella bocca del piccolo;

• il bambino deve essere sistemato in una posizione che gli consente di attaccarsi al capezzolo prendendo in bocca l’intera areola e non soltanto la punta;

• le poppate non devono mai durare più di 15 minuti ed è necessario alternare i capezzoli;

• quando la poppata è terminata bisogna cercare di fare in modo che il piccolo apra la bocca prima di allontanarlo dal seno, per esempio introducendo un dito tra le sue labbra;

• dopo la poppata è opportuno lasciare respirare un po’ i capezzoli evitando di ricoprire il seno immediatamente;

• è bene lavare il seno soltanto con acqua e sapone neutro e cercare di mantenerlo sempre asciutto.


C’è anche chi consiglia di effettuare specifiche manovre di preparazione del seno attraverso esercizi di stiramento o applicazioni di alcool. Queste pratiche sono in realtà da evitare in quanto possono danneggiare i tessuti e renderli più soggetti a lacerazioni. Non bisogna fidarsi nemmeno dei tanti detergenti antiragadi in commercio perché, pur non essendo dannosi, non è mai stata provata la loro efficacia.

Tra i vari accessori per l’allattamento ce ne sono però alcuni che possono risultare molto utili, come i dischetti che si inseriscono tra il capezzolo e il reggiseno. Questi, oltre ad assorbire le piccole perdite di latte, consentono di proteggere il seno dallo sfregamento con i tessuti evitando che l’irritazione del capezzolo peggiori.

Anche se spesso sono molto dolorose le ragadi non devono essere motivo di preoccupazione e non devono spingere la mamma ad abbandonare l’allattamento al seno. Infatti, se la postura del bimbo viene subito corretta e si seguono le piccole regole elencate, le ragadi tendono a scomparire nel giro di pochi giorni e difficilmente si ripresentano. Attenzione però a non sottovalutarle troppo: le ragadi possono favorire l’insorgenza di piccole infezioni o di forme di mastite. Per evitare che ciò accada è necessario prestare attenzione all’igiene de seno e lavare le mani prima della poppata.