mercoledì 13 maggio 2009

Aiuto! Mio figlio non mangia più!

Moltissimi bambini, superato l’anno di età, attraversano una fase di rifiuto del cibo e proprio questa resistenza genera uno stato di ansia e di preoccupazione nei genitori che subito si precipitano dal pediatra, o da altri professionisti esperti in dinamiche psicopedagogiche, per chiedere il loro aiuto.

Le mamme, infatti, si spaventano quando il loro bambino inizia a rifiutare la pappa trasformando il pranzo e la cena in vere e proprie battaglie, in special modo se fino all’anno di età o poco più ha mangiato davvero come un lupetto, superando lo svezzamento senza traumi e mostrando di apprezzare il cibo.

Perché si rifiuta di mangiare?

Durante il primo anno di vita, ogni bambino triplica il peso che aveva alla nascita: si tratta di un ritmo di crescita che non ha eguali per tutto il resto della vita. É logico quindi che, per soddisfare un simile fabbisogno di calorie, il bambino mangi sempre di buon appetito, rifiutando raramente la pappa o il biberon.
Dall’anno in poi, la crescita assume dei livelli e dei ritmi più "ragionevoli", il fabbisogno calorico diminuisce e di conseguenza anche la quantità di cibo di cui il piccolo ha bisogno si ridimensiona; è per questo che il bambino inizierà a mangiare di meno e tu, mamma, non essendo preparata a questo cambiamento, inevitabilmente inizierai a preoccuparti per la salute di tuo figlio.

Il rifiuto del cibo, inoltre, costituisce una problematica che può andare oltre al semplice cambiamento del ritmo di crescita del bambino; infatti può dipendere da altri fattori come l’età del soggetto, la sua indole, il suo temperamento o il suo stato emotivo.
L’alimentazione del bambino, infatti, è teatro dell’emozione e dei vissuti che connotano la relazione genitore-figlio; ciò significa che spesso, alla base dell’inappetenza, vi è da parte del piccolo un desiderio di comunicare un disagio cui gli adulti devono dare una risposta adeguata.

Basti pensare che l’alimentazione del bambino inizia subito dopo la nascita con l’allattamento diretto da parte della madre, il quale ha un significato e una valenza del tutto particolari: il neonato, infatti, nei suoi primi mesi di vita si abitua a ricevere il latte materno dalla propria mamma mentre lo stringe in un abbraccio nel quale si sente protetto.
Quando viene meno questo rapporto diretto, l’accettazione o il rifiuto della pappa possono caricarsi di significati psicologici importanti.
Il momento del pasto deve essere gioioso e gradevole quanto lo era la poppata al seno: si dovrebbe, quindi, cercare di creare lo stesso clima di fiducia e di serenità evitando di commettere quei piccoli errori che, alla lunga, rischiano di creare tensione ogni volta che ci si siede a tavola.

Un altro motivo che spinge il bambino al rifiuto, può derivare dal rischio di mamma e papà di assumere atteggiamenti sbagliati e di trasmettere, quindi, emozioni e stati d’animo che agitano il piccolo.
Il momento della pappa, infatti, non è solo finalizzato alla nutrizione, ma è il luogo privilegiato di uno scambio relazionale tra madre e bambino, nel senso che, oltre che degli alimenti, il bimbo si nutre anche delle emozioni e delle affettività che i genitori gli trasmettono.
Davanti al figlio che mangia tutto quello che gli è stato preparato con tanto amore, la mamma si sente rassicurata ed approvata, vedendo in sostanza riconfermato il proprio ruolo.
Proprio questa necessità di tale conferma, rischia però di caricare di valenze eccessive il momento del pasto. Infatti, dal momento che per i bambini il cibo è anche uno strumento con cui comunicano i loro stati d’animo, è facile che si servano del rifiuto del cibo per manifestare il loro disagio di fronte ad un atteggiamento sbagliato.
I bambini percepiscono molto bene l’ansia della mamma, legata al pasto o in altre situazioni quotidiane, e possono esserne disturbati e irritati al punto da rifiutarsi di andare a tavola per cercare di evitare proprio questa tensione!

La soluzione migliore, sarebbe che la mamma imparasse a riconoscere e a rispettare i rifiuti del bambino, a distinguere i propri bisogni da quelli del figlio e soprattutto a capire che anche il suo piccolo, come tutti noi, ha determinate preferenze di gusto.

Alcuni consigli pratici

- usate prodotti genuini, meglio se di preparazione casalinga, compatibilmente con il tempo a disposizione e con i prodotti disponibili sul mercato; una pappa “fatta in casa” è un gesto d’amore!
- nei primi tempi non insistete se il piccolo mostra di non volere la pappa, perché fatica ad accettare le novità. Non è assolutamente necessario che lo svezzamento inizi proprio al sesto mese e un ritardo non gli comporterà di certo problemi o carenza nutrizionali di alcun tipo.
- una volta avviato lo svezzamento, occorre rispettare le reali esigenze del piccolo, assecondandone i segnali di fame, sazietà e gusti; infatti, l’imposizione potrebbe dare il risultato opposto o convincerlo che solo mangiando otterrà la vostra approvazione.
- fate stare il bambino seduto in una posizione confortevole affinché il cibo facilmente raggiungibile e a portata di mano.
- cercate di abituarlo ad un'alimentazione varia anche se mostra di non apprezzare troppo la varietà; in questa fascia d’età la maggior parte dei bambini tende ad essere abitudinario e a pretendere per lunghi periodi tempo sempre la stessa pietanza, salvo poi abbandonarla all’improvviso per pretendere quella che aveva rifiutato fino al giorno prima.
- il momento del pasto dovrebbe essere un momento importante di unione di tutta la famiglia, dunque sedetevi a tavola tutti insieme. Proponetegli anche un po’ del vostro cibo, magari lasciando che lo manipoli e che ci giochi.

commenti inseriti:

Anonimo ha detto...

Io ho cominciato la svezzamento da un mese e cerco di variare la pappa il più possibile, tra pollo, coniglio, pesce e tutte le verdure, è incredibile ma GIà sembra avere delle preferenze in fatto di cibo, ad es. il coniglio gli piace molto più del pollo!!

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